Prima delle feste più grandi tutti i bambini del mondo spediscono la letterina con i loro desideri, e quindi anche io, che sono ormai non troppo lontano per non dire prossimo alla fine del mio passaggio in quel luogo orribile che chiamo Tribunale, perché chiamarlo Palazzo di Giustizia non mi riesce proprio, scrivo la mia lettera dei desideri, per non dire dei sogni, al Presidente del Consiglio che verrà. Il primo desiderio che vorrei avanzare è quello di ripristinare l’italiano e quindi La chiamo Presidente e non presidentessa o peggio ancora Presidenta, perché questa è la lingua che ho studiato tanti anni fa a scuola, perché che Lei è Donna si vede e si capisce, ma, nell’Italiano che conosco e che voglio usare io, si dice così: Presidente.
La lingua non è un’ideologia, è un modo per comunicare e per sentirsi uniti e non un mezzo per litigare su questioni prive di ogni senso. Detto ciò inizio con la galleria dei sogni-desideri che io, ormai canuto avvocato napoletano, Le chiedo di realizzare. Il mio primo desiderio sarebbe quello che in ogni luogo di lavoro, e quindi in ogni tribunale, venisse realizzato un asilo per consentire a madri e padri il diritto/dovere di lavorare con serenità e sicurezza portando con sé i propri figli. Questo asilo lo vorrei paritario e quindi aperto a tutti, e per tutti intendo magistrati, avvocati, personale amministrativo e di polizia, senza preclusioni e gerarchie. Lo vorrei aperto a tutti e tutte come momento di educazione ed aggregazione per adulti e per bambini, tanto purtroppo ci penserà la vita a separare le persone inventando differenze senza senso. Quando i miei figli erano piccoli non ho avuto una famiglia che mi sostenesse e quindi giravo per la città senza avere un posto dove lasciare i bambini prima di andare in udienza, mi prendevano in giro e quando spingevo il passeggino mi chiamavano il mammo e devo dire che di questo neologismo non mi sono mai vergognato.
Mi rendo conto che la mia lettera di augurio-benvenuto rischia di essere interminabile e quindi vengo al dunque e scrivo qualche altro desiderio legato al mondo “Giustizia” che a me pare realizzabile e a costo zero ed anche quasi di sinistra perché, come è noto, in questo bizzarro Paese a volte per fare le cose di destra bisogna essere di sinistra e viceversa. Prenda atto che il codice di procedura penale dell’89 era una follia e che comunque ha fallito completamente. Il codice dell’89 si basava principio dell’immediatezza e dell’oralità prevedendo la formazione della prova in dibattimento nel contraddittorio delle parti in condizione di parità tra accusa e difesa, ma già in origine prevedeva dei termini per le notifiche biblici. Come volete che i testimoni, ammesso che siano liberi di poterlo fare ed al Sud questa è una vera chimera, possano ricordare fatti di anni ed anni prima? E questo è solo uno degli esempi per cui, alla fine, siamo così arrivati alla interminabilità/inutilità dei processi.
In questi giorni si è detto che la nostra Costituzione ormai ha settanta anni e che va rivista, e subito il ceto dominante che governa da sempre senza essere mai eletto da nessuno ha iniziato ad agitarsi trascurando che la Costituzione americana, che è stata la prima al mondo ed è anche molto più breve ed elementare della nostra, ha subìto decine di emendamenti e che ve ne sono tantissimi in decisione. In realtà penso che Italia, prima che di revisione della Costituzione, si debba puntare alla sua attuazione e bisogna dire che in fatto di giustizia oggi la situazione è assolutamente disastrosa. Occorre ripristinare il principio parità ed indipendenza dei poteri e nei poteri dello Stato e rendere effettivo il diritto di difesa che oggi è una mera affermazione di principio perché la difesa di ufficio resta una formalità come anche il patrocinio a spese dello Stato.
Infatti è assolutamente evidente che la pubblica accusa nelle aule di giustizia prevale nettamente non solo sulla difesa ma anche sulla magistratura giudicante, dilagando anche in politica e in ogni settore della vita sociale senza che ne derivino apprezzabili conseguenze in termini di sicurezza e legalità. Si parla tanto di certezza della pena ma nulla si fa per garantire il suo presupposto minimo che è la certezza della norma e della sua interpretazione. Ormai noi, come era del tutto prevedibile, abbiamo un doppio sistema processuale, quello dei poveri che si avvale dei cosiddetti riti alternativi e che si conclude comunque in tempi biblici con la rinuncia a tutte le garanzie, e quello dei ricchi, vale a dire il rito ordinario riservato a coloro che possono permettersi di affrontare i costi e i tempi interminabili del processo, che tanto sanno che non si farà mai.
Lo so, sulla carta esiste la legge sulla responsabilità del giudice e un soggetto che si veda negare l’emissione di un provvedimento in tempi ragionevoli ben potrebbe invocarla ma so anche che non esiste nessun avvocato che avanzerebbe mai un’azione di questo tipo perché, nella migliore delle ipotesi, dopo dovrebbe solo cambiare lavoro. Ripristini per cortesia quell’istituto di buon senso del codice Rocco che si chiama Amnistia ed indulto. Non è possibile che un processo per qualche pacchetto di sigarette di contrabbando arrivi a durare 15/18 anni anche perché, in questo modo ed in questo oceano di carte, alla fine non si punisce nessuno o solo gli sfortunatissimi che pure ogni tanto ci sono. E poi, diciamo la verità, ma se alla fine dopo decenni e decenni tutte queste condanne venissero eseguite i condannati dove li mettiamo e come li manteniamo? Quando ha detto che il compito è difficilissimo ha detto la verità ma bisogna pur iniziare.
Non abbia paura, riferendosi alla giustizia, di usare la parola “controriforma”, del resto lo ha già fatto la chiesa cattolica oltre 500 anni fa e non mi pare che la storia le abbia dato del tutto torto. Quindi ripristini la vecchia disciplina della prescrizione, eliminando il caos che abbiamo oggi in cui la stessa materia viene regolata da ben cinque diverse discipline, una diversa dall’altra. Ripristini anche la vecchia competenza della Corti di Assise che permettevano la partecipazione e il controllo diretto del popolo alla giustizia e questo per due ragioni: la prima è di principio e la seconda perché ho verificato che il lavoro dei giudici di Assise è qualitativamente molto ma molto superiore e penso che questo dipenda proprio dallo stimolo dato loro dalla presenza popolare.
Se poi qualcuno dovesse storcere il naso gli ricordi, anzi gli dica che le Corti di Assise vennero introdotte con la rivoluzione francese. Queste sono solo alcune idee ma come lei certamente comprende e sa questo Paese ha soprattutto bisogno di fiducia in sé stesso e di consapevolezza delle sue potenzialità perché, pur con i suoi problemi, è uno straordinario contenitore di genialità e laboriosità spesso inespresse, ma con alcuni punti neri ed uno di essi è appunto la giustizia cui occorre porre mano con buon senso, misura e determinazione.