Non c’era niente di meglio?
Cara Meloni non fidarti di Tremonti: chi tradisce una volta, tradisce sempre
Giorgia Meloni ha deciso di riportare in Parlamento l’ex ministro dell’Economia di Silvio Berlusconi, il professor Giulio Tremonti. La futura premier avrà i suoi validi motivi. La cosa non mi sorprende e neanche mi incuriosisce. Le ragioni possono essere tante. Occorre prenderne atto. A Napoli si dice: “Cosa fatta, capo ha”. Mi auguro però che ci si fermi al ritorno in Parlamento. Senza andare oltre.
Non desidero usare l’espressione “Coloro che tradiscono una volta, tradiscono sempre”. Ma, personalmente, di Tremonti non mi fiderei. Lo abbiamo già visto all’opera. E non credo che come ministro dell’Economia abbia lasciato segni positivi del suo passaggio. Lui è un personaggio abituato a portare la sua testa in processione. Spesso, anzi, quasi sempre, parla per verità rivelata. Non è un grande economista, al massimo un buon tributarista. È stato sempre alla corte di qualcuno. Ha attraversato tantissime stagioni. E ora rincorre Giorgia Meloni. Prova a rimettersi in mostra. Dispensa consigli “illuminati”. Insomma, fa il Tremonti. Ma io non dimentico. E poiché l’ho scritto in un libro, mai smentito, provo a rinfrescare la memoria ai tanti che sono fuori dal mio circuito amicale, e che ignorano l’esistenza di questa pubblicazione (edita da una piccola ma seria casa editrice, Controcorrente, nel 2015), Almirante Berlusconi Fini Tremonti Napolitano. La vita è un incontro.
Si racconta che il presidente Napolitano, tra il 2010 e il 2011, dopo aver utilizzato l’allora presidente della Camera Fini come killer politico per disarcionare il Cavaliere Berlusconi, ci provò, pesantemente, anche con Tremonti. Gli fece credere che, se il piano fosse andato a buon fine, lo avrebbe indicato come premier: si tratta di vicende sulle quali esistono precise testimonianze. A cominciare dai suoi più stretti collaboratori dell’epoca. D’altronde, il mio libro, da anni, è un documento agli atti anche di una vicenda processuale e rappresenta fonte di prova.
A Tremonti ho dedicato ampio spazio. Il tributarista, in quel periodo amico della Lega, era divorato anche lui come Fini dalla bramosia di diventare presidente del Consiglio senza passare per il sacro fuoco delle elezioni libere e democratiche. Ero a conoscenza delle sue origini socialiste, delle sue collaborazioni con gli ex ministri Gianni De Michelis, Franco Reviglio e Rino Formica. E della sua vicinanza, per un periodo, a Mariotto Segni. Sbagliava chi all’epoca considerava Tremonti il “nuovo” della politica. Frequentava già i palazzi romani e quelli del potere quand’era un giovane docente universitario. Collezionava incarichi professionali e di consulenza. Era il più riuscito esempio di una generazione di politici che alle aspirazioni governative mescolavano il tecnicismo e l’aridità della burocrazia. Era una via di mezzo: un ibrido che non aveva il carisma e la statura del politico, né l’autorità indiscussa di un grande uomo di cultura. Tremonti, negli ultimi tempi del governo Berlusconi, contribuì notevolmente a indebolire l’immagine del Cavaliere nel mondo. L’apoteosi la raggiunse a Cannes, per l’esattezza, quando lo lasciò da solo sulla scena internazionale durante i bombardamenti dello spread. Alcune cancellerie gli dettero man forte. Ed è anche per questo motivo che il vecchio leone di Arcore fu costretto alla resa. Da allora sembra passato un secolo. E rispunta Tremonti come se fosse una novità?
La Meloni ha grande esperienza, conosce bene la storia dei palazzi, e soprattutto quella del popolo italiano. Non ha certo bisogno di qualche mio buon consiglio. Sono sicuro che gode anche di ottima memoria. Giorgia Meloni si trova alla vigilia di un grande appuntamento con la Storia. Milioni di italiani si sono messi in marcia per arrivare pronti al traguardo del 25 settembre. Riceverà un plebiscito di voti e sarà la prima donna premier d’Italia. Il presidente Mattarella, garante della Costituzione, procederà con gli atti consequenziali. La leader del centrodestra italiano non ha cambiali da pagare, né conti da regolare con la Storia. Può tranquillamente agire, grazie a Dio, con le mani libere ed alla luce del sole. E poi, cara Giorgia, diciamoci la verità: di economisti veri, in Italia, c’è veramente l’imbarazzo della scelta.
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