“Presidente, al Catania manca l’amalgama! Ditemi dove gioca e io lo compro”. Dei nostri formidabili anni ’80 l’attuale gruppo dirigente piddino coltiva l’imitazione, sfortunatamente riuscita, delle assemblee studentesche, ma dubitiamo conosca questa straordinaria gag di Angelo Massimino, l’indimenticabile presidentissimo del Catania di quegli anni. Eppure, è proprio l’irresistibile effetto comico prodotto da quella risposta che aleggia intorno alle reazioni dominanti nel Pd dopo il voto ligure.

L’amalgama è l’elettorato centrista con buona pace dell’agenda Conte

L’amalgama di turno, l’elemento del quale improvvisamente si avverte acuta la mancanza, è l’elettorato centrista, moderato, liberale, riformista. E già qui, prima ancora di cedere la parola ai Massimino di turno, potrebbe scattare la risata. Sì, dopo un anno mezzo di segreteria Schlein, dopo l’accurata e devota ricostruzione del focolare identitario della sinistra – sinistra con tanto di santino berlingueriano sulla tessera -, dopo aver riaccolto Bersani, Speranza e tutti gli altri esiliati dal “destro” Renzi; dopo aver blandito e corteggiato l’elettorato pentastellato facendosi supinamente dettare l’agenda da Conte, dopo aver silenziato (invero senza particolare sforzo) ogni voce interna riformista e liberale; dopo essersi privati persino di un vocabolario “crescitista” ossia capace di parlare alle componenti più dinamiche e produttive del paese; dopo aver ceduto al richiamo della foresta del populismo giudiziario inscenando la danza genovese delle tricoteuses anelanti allo scalpo di Toti; dopo aver macchiato indelebilmente il cristallino sostegno all’Ucraina con il tarquinismo pacifinto; dopo aver reagito all’attacco mortale in corso contro Israele con l’appiattimento sulla partigiana retorica onusiana e l’estremismo propal, ecco dopo tutto questo si levano gli alti lai per la perdita dei moderati.

Un elettore moderato su due ha votato Bucci

Ohibò, signora mia, il centro scivola a destra, un elettore su due di IV/Azione/+Europa in Liguria ha votato Bucci, ma insomma nessuno aveva spiegato loro che erano elettori in libera uscita temporanea e soggetti al richiamo all’ovile del campo largo? L’allarme deve essere davvero ai livelli di guardia se è addirittura Peppe Provenzano, esponente della sinistra del partito e grande estimatore di Lula, a dare la linea in una lisergica intervista a La Stampa (la stessa per intenderci in cui propone un’indagine parlamentare sull’astensionismo, sic!): “strappiamo i moderati alla destra”. Come? Qui scatta il momento Massimino del Pd, purtroppo senza la neppur vaga traccia della genuina ingenuità e della guasconaggine del presidente del Catania. Manca l’amalgama? Compriamolo. Manca il centro? Creiamolo. Come? Con una sana operazione egemonica calata dall’alto. La Margherita 2.0 creata in laboratorio, e poco importa che il superamento di quella originaria e dei DS abbia rappresentato la ragione sociale e l’atto di nascita del Pd.

Come un’azienda che si è concentrata finora nell’offrire un prodotto palesemente indigesto ad una fetta di consumatori, ora il Pd pensa a varare un brand dedicato ad essi (ma alla fine dei giochi il prodotto “governativo” sarà lo stesso). Certo, occorre un testimonial adatto. Quindi via al casting: scartato Renzi per veto e anatema di Bettini, ci sarebbero Gentiloni, Rutelli, ma ora va fortissimo Sala (transennate i seggi). Il know how per operazioni di questo genere è nei magazzini della Ditta: la logica è quella degli “indipendenti di sinistra”, andrà solo aggiornata alla Seconda Repubblica. La divisione dei compiti è chiara: i neomargheritini strapperanno i moderati alla destra (augurissimi), il Pd coltiverà gli identitari, AVS i superidentitari e al dunque un “tavolo di programma”, per ulteriori, sciagurate concessioni, lo si concederà pure ai contiani nella versione rossobruna prossima ventura. Infine tutti a (s)governare facendo impallidire pure il ricordo dei caravanserragli prodiani. Al tenero e vulcanico Massimino nessuno ebbe il coraggio di dire che amalgama non era un giocatore. Schlein e i suoi consigliori se lo lascino sussurrare: gli elettori della terra di mezzo, i riformisti, i liberali, possono essere, con ragione, disperati, ma non sono stupidi.

Giulio Massa

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