L'intervista al garante regionale dei diritti dei detenuti
Carcere delle torture: “C’erano le denunce ma il ministero ha fatto finta di niente…”
Le indagini sull’“orribile mattanza” del 6 aprile 2020 avvenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sono nate grazie ad un esposto presentato due giorni dopo dal garante regionale dei diritti dei detenuti Samuele Ciambriello con cui facciamo il punto della situazione.
Garante ieri Lei e gli altri garanti territoriali avete avuto un incontro con Carmelo Cantone, nuovo Provveditore regionale della Campania, a sostituzione dell’indagato Antonio Fullone. Cosa vi siete detti?
Abbiamo fatto diverse richieste, la principale delle quali reintegrare i 42 detenuti trasferiti dal carcere di Santa Maria Capua Vetere in istituti penitenziari di altre regioni, in alcuni casi lontani dalla Campania anche 600 km. Cantone ci ha confermato che sono stati trasferiti su richiesta della Procura ma noi gli abbiamo fatto notare che la Procura non ha detto di mandarli a centinaia di chilometri di distanza dalla loro famiglie, proprio adesso che sono ripresi i colloqui. Lui si è mostrato sensibile a quanto gli abbiamo partecipato e ha detto che provvederà al reintegro in tempi ragionevoli, previa valutazione delle condizioni di autotutela.
Il problema è che per più di un anno la tutela verso i detenuti non c’è stata perché sono rimasti accanto ai loro presunti aguzzini.
Questo l’ho fatto presente in tempi non sospetti insieme al Riformista e al Dubbio. Adesso dopo un anno di amnesie e rimozioni della politica arrivano tante dichiarazioni, polemiche diversive, tesi deliranti e ipocrite. Va fatta una premessa però.
Prego
In questo ultimo anno e mezzo non dobbiamo scordarci che certi magistrati, certi altri giornalisti, certi politici sono andati in televisione a parlare del famoso ‘papello di Salerno’ con cui si sarebbe dato inizio alle rivolte in tutta Italia con la complicità della ‘ndrangheta. Una stupidaggine che ha distolto lo sguardo dal vero problema che stava investendo le carceri. Ci sono una mentalità contrappositiva e atteggiamenti aggressivi ritorsivi verso la popolazione detenuta. Francesco Basentini non è stato rimosso da capo del Dap perché dal Ministero hanno visto che era negligente o omissivo. Paradossalmente questo clima forcaiolo che le ho appena descritto lo ha dimissionato per colpa della sua benevolenza, perché avrebbe deciso di mandare a casa alcuni detenuti malavitosi durante l’emergenza Covid. Questo mi sorprende e mi indigna perché poi al suo posto l’ex Ministro Bonafede ha messo due pm antimafia. Questo denota la mancanza di una moderna, efficiente e costituzionale gestione dell’amministrazione penitenziaria. Siamo sicuri che gli attuali vertici del Dap sappiano infondere a chi lavora nelle carceri quella funzione rieducativa che deve avere la pena? In questo clima è toccato a noi garanti osservare, controllare, supportare, denunciare avendo un quadro generale delle carenze che feriscono gli istituti di pena.
Tornando alla mia domanda: il 3 luglio 2020, il locale provveditore ha trasmesso al DAP l’elenco del personale del Corpo nei confronti del quale è stata data formale comunicazione dell’avvio di procedimento penale da parte della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Eppure sono rimasti lì fino a pochi giorni fa.
I fatti erano noti: l’8 aprile c’è la mia prima denuncia alla Procura per presunti maltrattamenti dopo aver ascoltato le conversazioni tra i detenuti e i familiari, il 9 aprile io stesso, autorizzato dalla direzione del carcere, faccio i colloqui telefonici con i detenuti in isolamento che mi cominciano a raccontare delle violenze subìte. Il 9 sera, inoltre, il magistrato di sorveglianza Marco Puglia si recava nel reparto Danubio dove erano isolati i detenuti coinvolti. Lui ha visto da vicino. Nel giro di dieci, dodici giorni invio un altro esposto alla Procura con i nomi dei detenuti pronti a denunciare. A giugno sono arrivati gli avvisi di garanzia per 117 persone. Parallelamente la stampa denuncia quanto avvenuto. E al Ministero hanno fatto finta di nulla? C’è stata una omissione gravissima. Esiste l’autotutela: tu Ministero lì trasferisci altrove, mica gli togli il lavoro. Non ci sono alibi per averli lasciati lì accanto ai detenuti che pure mi hanno raccontato di essere stati minacciati se avessero denunciato, qualche agente ha fatto intendere che ci sarebbero stati suicidi di massa.
Ma il Ministero dice che essendoci una indagine in corso non avrebbe potuto fare nulla, anche perché non conosceva i reati per cui erano indagati.
Ma per piacere, è inaccettabile una tale giustificazione. Esistono questioni di opportunità, oltre a obblighi costituzionali inderogabili che non ammettono discriminazioni tra cittadini liberi e persone recluse: ma cosa credevano al ministero che quegli agenti fossero stati denunciati per corruzione o per mancata pulizia? Questo io contesto al Ministero e al Dap. Sono ridicoli! Ora trasferiscono per autotutela le persone che hanno denunciato: oltre il danno la beffa.
Da una intervista a Basentini al Fatto Quotidiano e dalla ricostruzione del suo interrogatorio emerge che nella relazione che Fullone gli invia il 27 aprile non c’è traccia delle violenze ma che poi in una telefonata gli avrebbe detto che qualcuno quel 6 aprile aveva esagerato. Secondo Lei, Fullone, Basentini, Bonafede possibile che non sapessero nulla delle violenze?
Non sono un indovino ma alcuni quotidiani come il Riformista già tre giorni dopo i terribili fatti avevano dato conto delle presunte violenze. Loro non hanno letto i giornali? Non si sono posti almeno il ragionevole dubbio sulla gravità di quello che poteva essere accaduto? Non si tratta della denuncia di un singolo cittadino ma di un episodio di massa. Vogliono giustificarsi dicendo che i giornali raccontano fandonie? Non posso credere che questa possa essere la ragione di una inerzia durata oltre un anno.
Il Segretario del Sindacato di polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, chiede a De Luca che lei venga rimosso.
Il nostro ruolo è di terzietà e di garantire il benessere di tutta la comunità penitenziaria. Non rispondo a chi fa queste affermazioni solo per prendere qualche tessera in più per il sindacato. Voglio solo ricordare che non è De Luca che mi ha messo al mio posto ma il Consiglio regionale della Campania. Io andrò avanti avendo come faro il dettato costituzionale. Mi conceda una ultima osservazione: ora il motto della polizia penitenziaria è “garantire la speranza è il nostro compito” ma per decine di anni è stato “vigilare per redimere”. Queste violenze hanno offeso l’intero corpo, che pure rappresenta la parte sana. Ma da subito occorre una seria riflessione del carcere che così com’è non va bene. E insisto nel riproporre, come ristoro, un indulto generalizzato di due anni per tutti i detenuti.
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