Il reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere torna sotto i riflettori. Questa volta non per i pestaggi, come quelli del 6 aprile del 2020 per i quali a breve comincerà il processo, ma per l’incubo pandemia. Dodici detenuti e cinque agenti della polizia penitenziaria sono risultati positivi al Covid. Nessuno di loro è in gravi condizioni, erano tutti già vaccinati e, come da prassi, in carcere sono state adottate tutte le misure necessarie a isolare i focolai ed evitare la diffusione dei contagi, ma è chiaro che questa situazione scatena nuove preoccupazioni. E anche nuove polemiche, in particolare tra il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo e il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello.
Comincia il segretario generale del S.PP. Di Giacomo: «La situazione nei penitenziari della Campania, nel giro di qualche settimana, si è fortemente aggravata e richiede l’obbligo vaccinale per tutti i detenuti, perché limitarlo solo al personale penitenziario non basta a bloccare il focolaio». «Ma – aggiunge Di Giacomo – una domanda ci viene spontanea: perché il garante dei detenuti della Campania, sempre loquace su tutto, non ha pensato a sollecitare l’obbligo vaccinale per i detenuti? Eppure il quadro del contagio è chiaro e il garante dovrebbe sapere che più di un terzo della popolazione carceraria campana ha gravi problemi di salute e quindi è più esposta al rischio. Non può bastare il Green pass a prevenire il rischio se l’obbligo non viene esteso a tutti, a cominciare dai familiari e dagli avvocati dei detenuti». Dopo aver tirato in ballo il garante, Di Giacomo sottolinea le criticità del sistema e delle misure antiCovid: «Evidentemente si immaginano i nostri penitenziari come quelli dei film americani, con alte vetrate che separano il detenuto dal familiare o dall’avvocato.
La situazione da noi è diversa: gli ingressi dall’esterno avvengono senza esibizione di Green pass con un lungo percorso interno prima di arrivare alla sala colloqui dove davanti ad un tavolo è montato un semplice pannello in plexiglass come quelli che è possibile trovare nei bar. In queste condizioni non c’è alcuna condizione di prevenzione vera dal contagio. È una situazione – dice Di Giacomo – che prova quanto il carcere sia isolato dal resto della città dove invece si punta ad accrescere controlli e azioni di contrasto al Covid. Si sta ripetendo lo stesso errore di sottovalutazione compiuto nella primavera 2020 con le numerose rivolte che hanno avuto come scintilla proprio la diffusione della pandemia. Quasi come se lo Stato temesse la reazione di quei clan di criminali che continuano a dimostrare di comandare e controllare i penitenziari». Il garante Ciambriello replica così alle parole di Di Giacomo: «La differenza tra me e questo loquace sindacalista, anche su questioni riguardanti il Covid, è che per lui tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, per me c’è di mezzo il coraggio».
«Io – aggiunge il garante – di fronte alle impotenze della politica, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziario, del Governo che pure è venuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dico a lui e agli altri che bisogna andare oltre il proprio cortile». In Campania ci sono stati sei agenti, un medico e sei detenuti morti per Covid. «Chi doveva agire non ha agito», tuona Ciambriello. «Ora a Santa Maria Capua Vetere ci sono dodici detenuti e cinque agenti contagiati, ma mentre loro, gli agenti, sono a casa, e giustamente, in isolamento sanitario, gli altri, i detenuti, stanno dentro e vivono il distanziamento carcerario di una politica sorda e pavida». Quanto alla richiesta della penitenziaria di introdurre un obbligo vaccinale anche per i detenuti, il garante precisa che in Campania l’87% dei reclusi si è vaccinato volontariamente. «Non so quale sia stata la percentuale di vaccinati tra gli agenti prima dell’obbligatorietà stabilita per i dipendenti pubblici».