Carcere disumano, dalla Cartabia solo parole e frasi ad effetto ma l’inferno resta

Che strano Paese è il nostro! Vive alla giornata! E così fa la politica, che questo vuole dai cittadini. Finchè la barca va, navighiamo! Non ha importanza se procediamo a vista e con un mare spesso tempestoso, è essenziale procedere… poi si vedrà. L’ennesima dimostrazione di tale situazione, indegna per un Paese civile, l’abbiamo avuta alcuni giorni fa, per i diversi effetti che hanno suscitato le affermazioni di due membri del Governo, su due temi di vitale importanza. Il primo di natura economica, il secondo in merito al rispetto dei diritti civili. Entrambi gli argomenti si legano comunque tra loro, in quanto coinvolgono direttamente l’ossequio dei principi costituzionali.

Iniziamo con la dichiarazione del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani che, in una recente intervista, alla domanda sulle motivazioni dell’improvviso aumento del prezzo di benzina e gasolio, ha affermato che «non c’è una motivazione tecnica per cui i carburanti siano così costosi, il mercato ha alzato i prezzi in maniera irragionevole…siamo in presenza di una colossale truffa che viene dal nervosismo del mercato, a spese delle imprese e dei cittadini». Una denuncia pubblica gravissima e del tutto inusuale per un’alta carica dello Stato. Parole che hanno subito messo in moto l’attività investigativa della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, che ha aperto un procedimento volto a verificare le ragioni dell’aumento dei prezzi e ad individuare eventuali responsabilità. Gli accertamenti sono stati immediatamente affidati al nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza. Da parte sua il Governo è già al lavoro per approvare misure idonee per ridurre e contenere i prezzi di carburanti ed energia. Un pronto intervento certamente condivisibile, in quanto i riferiti aumenti si riflettono irrimediabilmente su tutta l’economia e sull’intera filiera di beni di prima necessità.

Contemporaneamente il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, in visita alla Casa Circondariale di Torino, dopo le segnalazioni del garante nazionale e dei garanti locali, ha dichiarato di aver visto «un reparto inguardabile per la sua disumanità, sia per le condizioni di lavoro della polizia penitenziaria, sia per i detenuti». Anche in questo caso le parole descrivono una realtà insostenibile per un Paese civile, perché si riferiscono ad un bene che non è nella disponibilità di altri, nemmeno dello Stato: la dignità. Termine questo più volte ricorrente, solo poco tempo fa, nel discorso d’insediamento del Capo dello Stato al suo secondo mandato. Ma nonostante ciò, alcuna conseguenza vi è stata a quelle altrettanto gravi affermazioni. Forse perché è notorio che quanto visto a Torino rispecchia la situazione della gran parte degli istituti penitenziari, da sempre abbandonati da una politica miope, che non comprende le irrinunciabili ragioni di avere un sistema penitenziario del tutto diverso e allineato con i principi costituzionali e le norme in vigore.

Come l’aumento del prezzo del carburante penalizza l’intera economia, un carcere violento e repressivo mina costantemente la sicurezza dei cittadini. È questo un principio più volte ribadito dal Ministro della Giustizia, ma siamo a metà marzo e nulla è stato concretamente fatto per modificare una situazione che avrebbe dovuto vedere nel mese di gennaio scorso, così come annunciato, un intervento concreto da parte del Governo. I lavori dell’ennesima Commissione per la Riforma, terminati a dicembre, non hanno prodotto alcun risultato, mentre è stato del tutto ignorato, ormai da oltre tre anni, il lavoro della Commissione ministeriale presieduta dal professor Glauco Giostra, che faceva tesoro di quanto emerso dagli Stati generali dell’esecuzione penale, istituiti dopo l’ennesima condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Insomma l’importante è non fermare la barca – ed è giusto – ma come sarebbe bello navigare con la coscienza tranquilla.