Il rapporto del Cpt
Carceri italiane da rifare, la bocciatura del Consiglio d’Europa: “Violente e sovraffollate, riesame 41-bis”
Carceri troppo affollate, violenze e intimidazioni, inadeguati e inappropriati gli ambienti terapeutici e la sistemazione dei detenuti che richiedono trattamenti psichiatrici specialistici. Il Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cp), organo anti tortura del Consiglio d’Europa (CdE) – l’organizzazione internazionale con sede a Strasburgo che promuove democrazia, diritti umani e Stato di diritto da non confondersi con il Consiglio Europeo – ha pubblicato un rapporto sulla condizione delle carceri italiane a partire da quanto emerso dalla visita di una delegazione che ha avuto luogo un anno fa. Da rivedere insomma le condizioni di vita dei detenuti e le misure specifiche per donne e transessuali in prigione. Strasburgo torna a domandare anche l’abolizione dell’isolamento diurno e il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al 41-bis.
Il Comitato ha pubblicato oggi il rapporto insieme con la risposta delle autorità italiane. “Particolare attenzione è stata rivolta alle persone soggette a regimi restrittivi, all’impatto del sovraffollamento carcerario e alle restrizioni imposte nel contesto della pandemia da Covid-19, alla situazione delle donne detenute e al trattamento delle persone affette da disturbi mentali”, si legge nell’introduzione. La visita era stata condotta tra marzo e aprile 2022. La delegazione aveva esaminato trattamento e condizione dei detenuti in quattro istituti penitenziari – San Vittore a Milano, l’istituto di Monza, il Lorusso e Cutugno a Torino e Regina Coeli a Roma – oltre al trattamento dei pazienti ricoverati nei reparti psichiatrici di quattro ospedali civili e, per la prima volta, di persone anziane non autonome residenti in due case di cura.
Non poteva che risultare strutturale, e quindi sanguinoso, il capitolo sovraffollamento, che al momento della visita ammontava al 114% della capacità ufficiale di 50.863 posti. Il Comitato giudica che già il 90% dei posti occupati indica l’insorgenza del problema. Crisi perenne che per il Cpt dovrebbe essere affrontata, più che aumentando i posti negli istituti di pena, con una strategia coerente più ampia, che copra sia l’ammissione in carcere sia il rilascio, per assicurare che la detenzione sia veramente la misura di ultima istanza.
Carceri che sono anche violente: la delegazione ha ricevuto numerose segnalazioni di maltrattamenti e intimidazioni. Pur constatando comportamenti corretti da parte del personale di sorveglianza nella vasta maggioranza dei detenuti incontrati, in tutte le carceri visitate sono emerse denunce di maltrattamenti, intimidazioni e violenze da parte del personale di Polizia, oltre che tra detenuti. Si parla di pestaggi, con pugni e calci, e di una persona che ha subito venti punti di sutura dopo una coltellata alla gamba. I detenuti hanno raccontato di sentirsi insicuri, di non avere in alcuni casi il supporto degli agenti penitenziari che spesso si trovano fuori dalle sezioni e quindi vengono a conoscenza di quanto è accaduto solo dopo grazie alla segnalazione dei detenuti. Il Comitato propone quindi un sistema di videosorveglianza dinamica che interagisca con il sistema delle celle aperte per limitare la violenza tra detenuti, una soluzione che potrebbe migliorare anche il lavoro degli stessi agenti. Da migliorare anche la formazione del personale sull’uso di metodi di controllo e contenzione sicuri, in particolare per i detenuti con tendenza all’autolesionismo e disturbi mentali. E da abolire il regime dell’isolamento diurno.
Generalmente buona invece l’erogazione dei servizi sanitari anche se gli istituti non offrono sempre una adeguato ambiente terapeutico, soprattutto non risulta appropriato dal dossier la sistemazione di persone che richiedono un trattamento psichiatrico specialistico, come i detenuti considerati ad alto rischio di autolesione o suicidio. Il comitato sollecita anche misure concrete per sviluppare approcci più specifici per le donne detenute con programmi di attività strutturati e potenziamento della formazione del personale che opera con le donne affette da disturbi mentali. Giudicata con preoccupazione la forma standardizzata e ripetitiva nelle procedure dei Trattamenti Sanitari Obbligatori. Secondo il rapporto il giudice tutelare non incontra mai i pazienti di persona e i pazienti continuano a non essere informati del loro status giuridico.
Per quanto riguarda le case di cura il Cpt fa notare che, alla luce delle restrizioni associate al Covid-19 (in particolare il mancato accesso all’aria fresca, ridotte attività riabilitative e ricreative e meno visite familiari) e della mancanza di alternative possibili nella comunità, i residenti delle due Rsa visitate potrebbero essere considerati come de facto privati della loro libertà. Secondo il Comitato le restrizioni imposte dal febbraio 2020 nelle due Rsa visitate hanno sortito effetti graduali e deleteri sullo stato di salute mentale e somatico dei residenti. Servirebbero misure urgenti per alleviare le restrizioni istituite e migliorare l’accesso a fisioterapia e attività di riabilitazione. “Per quanto riguarda i detenuti transessuali, il CPT ha riscontrato l’assenza di una politica o linee guida chiare per la loro gestione e che le donne transessuali incontrate erano spesso sistemate in sezioni detentive in cui le loro esigenze specifiche non venivano soddisfatte. È necessario intervenire per affrontare queste importanti lacune”.
“Quello che emerge nel rapporto pubblicato questa mattina – ha commentato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie del sistema penale – è in larga parte coerente con la situazione che Antigone denuncia da tempo e che avevamo avuto modo di manifestare durante la consultazione che avemmo con la delegazione, nonché con le proposte che da noi arrivano per una riforma del sistema penitenziario che guardi alla pena come elemento di risocializzazione della persona“.
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