Il Covid corre in carcere
Carceri, picco di contagiati: i garanti chiedono al Parlamento “Liberazione anticipata”
Altro balzo in avanti dei contagi da Covid 19 nelle carceri italiane: alle ore 20 del 16 novembre erano 758 fra i detenuti – distribuiti in 76 penitenziari – e 936 fra gli operatori i casi accertati di positività al virus. Venerdì scorso erano invece, rispettivamente, 638 e 885. A fornire l’aggiornamento dei dati sul Covid nei penitenziari è stato ancora Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria. Una situazione dunque che si fa preoccupante e che ha spinto la Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale a rivolgere un appello al Parlamento per esprimere la «necessità di incidere significativamente sul numero delle presenze in carcere, strutturalmente, attraverso una politica di coerente e costante decarcerizzazione, e nell’immediato, per la tutela del diritto alla salute di detenuti e operatori penitenziari».
A una situazione ordinaria di sovraffollamento c’è infatti da aggiungere che più aumentano i positivi più è urgente trovare luoghi per l’isolamento: di conseguenza si crea un’ulteriore contrazione degli spazi destinati alla restante popolazione detenuta. Per questo, chiedono i garanti territoriali, sarebbe auspicabile che in sede di conversione del Dl 137/2020 «possa essere accolta anche la proposta di prevedere una liberazione anticipata speciale e la sospensione dell’emissione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive fino al 31 dicembre 2021». Un’alternativa al carcere diviene improcrastinabile anche perché a pagare le conseguenze potrebbero essere dei bambini: proprio come denuncia l’Associazione Antigone, «sono 33 i bambini con meno di tre anni in carcere con le loro 31 madri. Due di questi bambini sono risultati positivi al Covid 19. Sempre – e ora in particolare – non c’è nessuna ragione di sicurezza, che non possa essere affrontata, che impedisca di trovare alternative al carcere».
Difficile, se non impossibile, pensare a una soluzione diversa dal carcere per i detenuti al 41 bis: conosciamo benissimo le polemiche suscitate da alcune “scarcerazioni” concesse per motivi di salute. Tuttavia, sempre secondo il sindacato Uilpa, il Covid 19 sarebbe entrato anche in quelle sezioni, soprattutto nel carcere milanese di Opera e in quello friulano di Tolmezzo. Il condizionale è d’obbligo perché non ci sono dati ufficiali in base ai circuiti penitenziari: non li ha il Garante Nazionale e non li fornisce il Dap. E a proposito di numeri è Irene Testa, tesoriera del Partito Radicale, a sollevare una polemica quando ci dice: «chiediamo al Ministro della Giustizia che i dati disaggregati dei contagi, istituto per istituto, vengano resi pubblici e aggiornati quotidianamente, come giusto che sia, sul sito del Ministero stesso. Inoltre, al momento, non è dato sapere se esista un piano di gestione dell’emergenza sanitaria per le carceri e come si articoli. Dalla pandemia sanitaria a quella informativa».
In più, aggiunge Testa, «dal mese di marzo pende una denuncia per procurata epidemia colposa nei confronti del Ministro della Giustizia e del Dap, inviata alle Procure della Repubblica di tutta Italia, firmata dalla sottoscritta, dal segretario Maurizio Turco e dal presidente della commissione giustizia del Partito Radicale Giuseppe Rossodivita. Ad oggi non abbiamo alcuna notizia su come abbiano proceduto i procuratori; nel mentre assistiamo al rischio di strage all’interno delle carceri italiane». Per questo Testa dalla mezzanotte del 14 novembre ha aderito allo sciopero della fame proclamato dalla Presidente di Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini, ormai in digiuno da otto giorni per sollecitare risposte immediate dal Governo, tra cui amnistia e indulto.
A unirsi il 19 e il 20 novembre allo sciopero della fame della radicale Bernardini anche il sociologo Luigi Manconi, lo scrittore Sandro Veronesi, la direttrice di A buon diritto Onlus Valentina Calderone insieme ad altri otto operatori dell’associazione, che in una nota fanno sapere: «Il carcere è il luogo più affollato d’Italia. E una cella di prigione può essere lo spazio più congestionato e patogeno dell’intero sistema penitenziario: per chiunque vi si trovi, detenuto o membro del personale amministrativo e di polizia. Di conseguenza, la prima necessità – e il primo dovere morale – è quello di ridurre in maniera significativa la popolazione detenuta. Riteniamo che i provvedimenti di amnistia e indulto previsti dalla Carta costituzionale sarebbero la soluzione più efficace. Ma se essi si rivelassero impossibili a causa di resistenze politiche, chiediamo che si ricorra a modifiche sostanziali al decreto “Ristori” per ampliare la platea dei beneficiari e che si ricorra alla liberazione anticipata speciale».
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