Questa è la rubrica della Posta della Prevenzione, nata per dare una voce a chiunque voglia condividere esperienze di discriminazione, violenza e rinascita. Questo è il luogo dove tutte quelle storie troppo dolorose per essere raccontate ad alta voce, trovano uno spazio sicuro e protetto dal più assoluto anonimato. Scriveteci a: Postaprevenzione@gmail.com

Sono Beatrice,
la mia storia, mi fa pensare come tutti crediamo a modo nostro di possedere tutte le risposte, di conoscere noi, le persone che ci circondano e le dinamiche della nostra vita. La ripetizione con cui questi meccanismi ingranano la nostra vita è così ben eseguita da un moto incessante, così collaudata dalla ripetizione di un copione che si riavvolge su sé stesso, da farci smettere, o mai domandare di cosa davvero parli quella trama.
Quella della mia vita, di trama, racconta una storia che ho scoperto non essere unica, talvolta quasi come se nemmeno fosse davvero la mia. Un semplice grafico, di quelli a forma circolare, stampato su un libro, bastava infatti ad illustrare la mia storia. Le sue frecce, che si inseguivano in un cerchio infinito, disegnavano la trama della mia vita, quella che credevo essere così segreta, così complessa, troppo dolorosa per poter essere letta attraverso una qualche logica. Invece, li stampato su un pezzo di carta, ho scoperto quello che viene definito ‘ciclo della violenza’.

Il fino ad allora, a me, sconosciuto ciclo, era presente invece su centinaia di libri e siti web, che ne spiegavano le tre fasi: la prima fase, è definita come periodo dell’accumulo della tensione. Questo è lo stadio in cui un individuo aggressivo, non agisce in modo direttamente violento; è una fase che ho personalmente ribattezzato come ‘camminare sui gusci d’uovo’. In questo stadio del ciclo, il violento, ha difficoltà a gestire la rabbia, ma adotta un presunto autocontrollo che, si limita a minacce, umiliazioni e violenza psicologica. Per anni, in questa fase, ero stata attenta a cosa succedeva attorno a me, pensando a come trovare il modo di farla durare il più a lungo possibile, magari per sempre. Prestavo infatti attenzione ad ogni mia parola, azione, a quanto sale versavo sull’insalata, sapendo che un passo considerato falso avrebbe portato mio padre ad esplodere ed al passare irrimediabilmente alla fase successiva.
Nel ciclo della violenza la seconda fase è quella della violenza fisica. Ecco l’esplosione. Ogni volta arrivava senza annunciarsi, ogni volta coglieva quasi di sorpresa ma, solo quasi. Ogni volta facendo paura come se fosse la prima, ogni volta colpendo in nuovi punti che non si riescono a coprire. Lì, il dolore fisico brucia non solo sul corpo, ma si mescola a quello lasciato dall’ingenua speranza che non sarebbe più successo. Questa speranza è quella lasciata dalla terza fase, quella chiamata della ‘luna di miele’.

È lei la colpevole di far durare le relazioni, quella che dà vita alla vittima e dà la linfa al fa girare e ricominciare il circolo della violenza senza mai interromperlo. Dopo la violenza fisica, questo momento fatto di scuse, pentimenti, promesse, un clima nutrito da amorevoli sproporzionati comportamenti, fa sperare, illudere, rimanere. Fa distogliere lo sguardo dalle ferite sul corpo, dai lividi, dalle lacrime sul viso, dandogli altri nomi, curandole con quel poco di pace successiva alla tempesta.
Ricordo che, nella mia ultima luna di miele, mio padre mi disse ti amo dopo avermi presa a pugni. È l’ultima volta che ho sentito qualcuno dire di amarmi da allora, mi chiedo se mai lascerò qualcun altro ripetermelo senza provare la nausea.
Ho vissuto il ciclo senza pause, per così tanti anni, che la sua subdola dinamica era così ovvia da rendersi invisibile ai miei occhi. Quelle frecce stampate sul libro io, non le avevo mai riconosciute nel buio della mia adolescenza, dove aspettavo solo di arrivare ad una porta alla fine di quel tunnel. Forse, non sarei sopravvissuta se avessi davvero compreso che non si trattava di arrivare ad un round finale anche se ultimo di una lunga serie ma, di un cerchio senza fine.

Solo avendo capito che, chi vive con un violento è succube degli stessi meccanismi che si ripetono per tutti allo stesso modo, seguendo la stessa identica trama, la mia storia mi ferisce per quanto ‘normale’ sia. Io, che per anni avevo cercato un modo per trovare una spiegazione, per darmi colpe, l’ho vista li, su un foglio di carta e su dei siti web. Io, che per anni avevo cercato di scusare e nascondere con il fondotinta i comportamenti di un padre ‘irruento’ avevo scoperto solo su un grafico di essere solo, vittima di una spirale di violenza.
L’unica soluzione ad interrompere la geometria di un ciclo è uscirne. Non importa quanto silenziosa, quanto brava a scuola, quanto sorridente, quanto ben vestita coperta, quanto servile; il quel cerchio non si sarebbe mai interrotto. Un giorno, avrei sempre calpestato il guscio di un uovo.
Quello che vorrei dire a tutte le persone ciecamente parte di quella trama che vortica circolare e che, riconoscono ad una prima occhiata quelle fasi a memoria, è di andarsene. Non aspettate, non prendete tempo, non cercate di capire, di trovare scuse, soluzioni, non aspettate che l’aria bruci, aprite la porta ed andatevene, con la vostra pelle, quelle fiamme non saranno mai spente.

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