Crisi del multilateralismo, perdita di peso dell’ONU e ricerca di forza per la NATO: ne parliamo con Carlo Alberto Giusti, Rettore dell’università Link Campus di Roma, comparativista esperto di Stati Uniti e di organizzazioni internazionali.

I recenti attacchi dell’esercito israeliano contro le basi della missione UNIFIL in Libano hanno sollevato molte domande sul ruolo dell’ONU nelle attuali crisi internazionali. Qual è la sua opinione?
«L’attacco a UNIFIL è emblematico della crisi che l’ONU sta attraversando da diverso tempo. L’ONU, sebbene rappresenti formalmente il pilastro del multilateralismo e della diplomazia internazionale, sta perdendo centralità. Questa perdita è legata soprattutto all’incapacità di imporre le proprie decisioni, soprattutto quando si tratta di potenze regionali o globali che non si sentono vincolate dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. L’esempio di Israele è significativo: un paese che, pur essendo un alleato strategico dell’Occidente, ha mostrato di poter ignorare le decisioni dell’ONU, e persino le sue strutture militari».

Non c’è certamente solo Israele…
«No, non è un problema che riguarda solo Israele: anche la Corte Penale Internazionale, che dovrebbe fungere da deterrente per i crimini internazionali, si trova oggi in una situazione di impotenza. Basti pensare al mandato di arresto emesso contro Vladimir Putin: la Mongolia, Stato firmatario dello Statuto di Roma, ha ignorato il mandato ospitando la visita del presidente russo con tutti gli onori. Questo evidenzia chiaramente come l’ONU e le sue agenzie fatichino a far rispettare le proprie decisioni».

Alla luce di questa crisi dell’ONU, lei suggerisce che la NATO potrebbe giocare un ruolo chiave per rilanciare la centralità delle Nazioni Unite. Come vede questa connessione tra le due organizzazioni?
«Sono convinto che la NATO, pur avendo una vocazione più strettamente militare e difensiva, potrebbe rafforzare indirettamente il sistema multilaterale, compreso quello dell’ONU. Il nuovo segretario generale Mark Rutte sembra voler condividere la linea inaugurata dall’amministrazione Trump, che ha insistito sul fatto che i paesi membri debbano aumentare il loro contributo alla NATO, destinando almeno il 2% del PIL alla Difesa. Questo ridurrebbe lo squilibrio attuale, che vede la NATO troppo dipendente dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, e permetterebbe di rafforzare la capacità di difesa collettiva dell’Alleanza».

Giusto quindi che la NATO si attrezzi, speriamo solo come deterrenza, per approntare una forza di reazione rapida in Europa?
«Secondo quanto pubblicato da Die Welt, inoltre, Rutte avrebbe messo a punto un programma di rafforzamento della potenza militare NATO che prevederebbe lo schieramento di 49 brigate entro cinque anni, quando – si prevede – la Russia sarà militarmente in grado di attaccare uno Stato membro della NATO. Rafforzare in questo senso la NATO significherebbe non solo rendere più difficile per la Russia o altre potenze sfidare l’Occidente, ma anche in un certo senso rilanciare l’ONU. Un’ONU che può contare su una NATO più solida avrebbe maggiore autorevolezza, perché verrebbe percepita come sostenuta da una potenza militare credibile e in grado di dissuadere eventuali aggressioni».

Si è parlato molto del fatto che gli Stati europei contribuiscono poco all’Alleanza rispetto agli Stati Uniti, sfruttando la copertura dell’articolo 5 senza investimenti adeguati. Come si potrebbe risolvere questa disparità all’interno della NATO?
«Questo è uno dei nodi fondamentali. La NATO è stata per decenni un’alleanza principalmente a trazione statunitense, con gli Stati Uniti che hanno sostenuto il peso maggiore in termini di risorse economiche e militari. Gli Stati europei, pur beneficiando del principio della difesa collettiva garantito dall’articolo 5, non hanno investito proporzionalmente. Questo squilibrio, evidenziato ripetutamente durante la presidenza Trump, ha portato l’ex presidente a minacciare il disimpegno degli Stati Uniti dal teatro europeo e dagli scenari globali, nel tentativo di costringere gli alleati europei a contribuire maggiormente alle spese militari dell’Alleanza».

L’apporto tra Stati membri va riequilibrato.

«L’attuale dibattito all’interno della NATO riflette proprio questa esigenza di riequilibrare i pesi. Rutte sembra intenzionato a proseguire su questa strada, e non è escluso che una eventuale rielezione di Trump nel 2024 possa accelerare questo processo, anche attraverso un disimpegno statunitense da alcuni teatri geopolitici. Un eventuale maggiore coinvolgimento degli Stati europei non solo rafforzerebbe l’Alleanza, ma darebbe anche maggiore legittimità a eventuali interventi militari o di pace sotto l’egida dell’ONU».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.