Carlo Fidanza: “Il Pd rema contro l’Italia pur di indebolire Meloni ma in Ue abbiamo i numeri per affossare la sinistra”

CARLO FIDANZA CAPO DELEGAZIONE FDI

La maggioranza Ursula è sull’orlo di una crisi di nervi. I veti incrociati tra popolari e socialisti rischiano di far cadere Raffaele Fitto e Teresa Ribera. Sulla Commissione europea aleggia l’ombra dello stallo e di un rimescolamento delle carte che getterebbe Bruxelles nel caos totale. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr, punta il dito contro il Pd e ribadisce che sui singoli temi si può creare in Parlamento un asse alternativo «che ha i numeri per mettere sotto la sinistra».

Il Partito democratico naviga nell’ambiguità su Raffaele Fitto. Il «no» sarebbe un atto di ostilità contro l’Italia?
«Il Pd è la prima delegazione nel gruppo socialista: o sei capace di importi, o non conti nulla oppure sei d’accordo con questa linea. Non avendo ascoltato dissociazioni ufficiali del Pd, ma anzi comunicati nella stessa direzione, è evidente che la condividono. Ciò significa che stanno giocando una partita per indebolire Meloni al prezzo di indebolire l’Italia. Aggredire la vicepresidenza di Fitto non soltanto significa degradare l’Italia a un ruolo subordinato rispetto a Germania, Francia e Spagna, ma anche impedire al commissario italiano di supervisionare materie fondamentali per l’Italia come agricoltura, pesca, trasporti e turismo. Chi lo fa sta remando contro l’Italia. Mi ha fatto molto piacere leggere la nota arrivata ieri sera dal Quirinale dopo l’incontro tra il presidente Mattarella e Fitto. Mi auguro che questo richiamo, che personalmente avevo auspicato proprio ieri, possa portare il Pd a un supplemento di riflessione».

In effetti quello dei dem sembra europeismo à la carte.
«Io ho finito gli aggettivi. Quello che sta accadendo è sotto gli occhi di tutti: comunque la si giri, la posizione del Pd non regge. Forse soddisferà l’ala radicale dei loro elettori ma mi chiedo cosa abbia a che fare tutto ciò con la storia del riformismo socialista, dei cattolici democratici ormai ridotti al silenzio, dei liberal-democratici, ammesso che nel Pd ce ne siano ancora».

È anche vero, però, che il Pd in Italia è all’opposizione. Davvero vi aspettavate un via libera senza problemi a un ministro del governo Meloni?
«Sì. Noi con Gentiloni cinque anni fa, mentre condannavamo il vergognoso inciucio da cui nacque il governo Conte 2, abbiamo convinto il nostro gruppo a supportarlo nella valutazione che seguì la sua audizione. Ricordo il presidente Berlusconi addirittura prendere la parola per tesserne le lodi. Anche in questa tornata noi abbiamo convinto il nostro gruppo, che non fa parte della maggioranza Ursula, a dare il proprio assenso – in molti casi decisivo – a commissari socialisti e liberali, alcuni anche piuttosto modesti. Rispettiamo le indicazioni dei governi nazionali e difendiamo l’interesse nazionale: due concetti sconosciuti al Pd e alla sinistra europea».

Fratelli d’Italia appena 4 mesi fa ha votato contro von der Leyen, mentre ora è pronto a dare l’ok alla Commissione Ue. Non è una retromarcia?
«Assolutamente no, è una cosa naturale. Sarebbe assurdo. Chiedere con forza un ruolo di prestigio per l’Italia, ottenere grazie alla credibilità e alla tenacia di Giorgia Meloni addirittura una vicepresidenza esecutiva e poi votare contro l’organo di cui un esponente di FdI è vicepresidente».

Quindi da parte vostra nessun problema verso Ribera?
«Eravamo pronti a darle il nostro voto in spirito di compromesso, per consentire alla Commissione di iniziare a lavorare. Ora Ribera è diventata la principale ragione di questo stallo. È ministro in Spagna per la transizione ecologica, ha la delega alla gestione dei fiumi, viene accusata politicamente (magari un domani anche giudiziariamente) di aver mal gestito la tragica alluvione di Valencia e le scelte amministrative che ne hanno aggravato gli effetti. In Ue si ritroverebbe a occuparsi delle stesse materie. Oggettivamente credo che l’imbarazzo dei popolari, e immagino anche di von der Leyen, sia più che giustificato. Sánchez farebbe bene a ritirarla e a proporre un altro nome, ma non lo farà».

La Lega è determinata a votare contro la nuova squadra Ue. Sarebbe uno sgarbo verso Fitto?
«Prima si approvano i singoli commissari, e su Fitto la Lega e l’intero gruppo dei Patrioti si stanno comportando con lealtà. La stessa lealtà che noi abbiamo offerto al commissario ungherese Várhelyi. Nel voto finale invece si valuta l’intero collegio dei Commissari ed è lecito che il giudizio complessivo sia negativo nonostante Fitto. Noi siamo il partito di maggioranza relativa e il partito di Fitto, siamo tenuti a una maggiore responsabilità».

Tra i socialisti c’è chi è tentato dallo strappo definitivo, sfidando Ursula a trovare una nuova maggioranza. Si potrebbe trovare un nuovo assetto in Parlamento con Afd, Le Pen e Orbán?
«Credo che se dovesse saltare questa Commissione nessuno offrirebbe ai socialisti le deleghe pesanti che hanno ottenuto in questa fase. Tutto intorno la sinistra è in crisi, in Germania il governo Scholz è addirittura crollato. Francamente non so a chi convenga questo cupio dissolvi. Comunque è già evidente che sui singoli provvedimenti si potrà creare una maggioranza alternativa, la cosiddetta “maggioranza Venezuela”, che ha i numeri per mettere sotto la sinistra e far prevalere ricette pragmatiche su green e immigrazione. Il richiamo dei socialisti alla maggioranza Ursula è ormai un esercizio retorico, perché anche loro sanno che su ogni voto si potranno creare maggioranze variabili. È il risultato del voto di giugno, che ha portato a uno spostamento verso destra. Se ne facciano una ragione».