I rincari e la strategia del Governo
Caro bollette, sull’energia serve un piano condiviso
Una cosa è decidere, per esempio nel consiglio direttivo della Bce, una determinata linea e, poi, giustamente pretenderne l’applicazione da parte delle Banche centrali nazionali dell’Eurosistema e dalle strutture operative, ben altra cosa è adottare misure nel Consiglio dei ministri del “bellissimo” Governo e pretenderne la piena approvazione da parte del Parlamento. Portata agli estremi, l’identificazione dei due comportamenti significherebbe negare il ruolo dell’Esecutivo a base parlamentare voluto dalla Costituzione. Gli stessi provvedimenti “ anti-rincari” decisi venerdì scorso per complessivi 8 miliardi, pur costituendo un importante passo avanti, non sono certo esaustivi per quantità e qualità, per cui già alcune forze politiche pensano di integrarli in Parlamento.
Pesa la pregiudiziale esclusione dello scostamento di bilancio da parte del Governo. Ci vorrà ancora tempo prima di arrivare con il previsto ulteriore intervento intorno ai 5 miliardi, dopo quelli di venerdì, per pervenire a coprire un terzo dei rincari dei prezzi dei prodotti energetici. Una terapia d’urto sarebbe stata preferibile, così come doverose sarebbero state consistenti misure strutturali, mentre pure quella relativa all’intervento sugli extra-profitti delle imprese che operano nel campo dell’energia viene rinviata a successivi approfondimenti che ben avrebbero potuto essere svolti tempestivamente. Non si vogliono aggravare i conti pubblici e pesare ancora sul debito? Ma non vale più la distinzione tra debito “ buono” e debito “ cattivo”? E, dopo avere ripetuto che la cura migliore per il debito è giustamente la crescita, non ci si sta autoglorificando perché quest’ultima é superiore alle aspettative (nell’anno, tra le varie stime, si sceglie quella dell’aumento del Pil del 4,1 per cento)?
Ma anche dimenticando che l’economia non ha ancora raggiunto i livelli “pre-covid” e alcuni, andando a ritroso e considerando pure la crisi dei “sub-prime”, poi europea nazionale, arrivano fino a ritenere non raggiunto il livello del 2007. O si pensa illusoriamente che in questo modo ci si possa preparare meglio alla discussione sulla riforma del Patto di stabilità a proposito della quale da tempo si levano le voci non certo favorevoli di ambienti tedeschi e dei Paesi cosiddetti frugali? Ben altro occorrerà per arrivare a una seria rivisitazione. Insomma, non vi è una chiara linea di politica economica, né ci si prepara all’eventualità che la Bce possa imboccare la strada delle riduzione del carattere accomodante della politica monetaria dopo che a marzo avrà termine il piano pandemico (Pepp) di acquisti di asset. In questo contesto, la pietra dello scandalo a proposito della quale il premier Draghi è salito al Colle “ad audiendum verbum”- dove i Premier del passato andavano dopo una turbinosa riunione intragovernativa solo per rassegnare le dimissioni – è stato il decreto Milleproroghe.
In particolare, in sede parlamentare sono stati approvati emendamenti – contrario il Governo – uno dei quali, su cui più si è esercitata l’”ira funesta” del premier, riguarda il ritorno da mille euro a duemila del limite delle transazioni in contanti. È noto che questo limite, negli anni, ha subito un vero e proprio “ sali-scendi”. Diversi Paesi adottano limitazioni in materia, ma, per esempio, non la Germania e non la Svizzera. La stessa Bce, in un parere che si volle poi considerare caratterizzato dalla personale contrarietà dell’estensore a limiti della specie, ebbe a sollevare dubbi su tale normativa. D’altro canto, misure del genere dovrebbero avere una uniforme adozione a livello europeo perché, diversamente, la “rete” viene bucata dagli Stati dove non sono vigenti. In Italia, è stata da tempo introdotta, e giustamente, la limitazione, come parte di più ampie misure “ antiriciclaggio” e “ antievasione”.
Il problema, come in tanti altri campi, è pur sempre di adeguatezza e proporzionalità. Non solo, ma anche di indicazione degli effetti concreti di questo tipo di norme, così come di altre riguardanti la materia della prevenzione e del contrasto del riciclaggio, a cominciare dalla segnalazione delle cosiddette operazioni sospette: ci si vanta della crescita di tali operazioni anno per anno, basate su segnalazioni dei soggetti che vi sono tenuti (innanzitutto, intermediari bancari e finanziari) che svolgono gran parte dell’attività in questo campo, all’Unità di informazione finanziaria e da quest’ultima agli organi di polizia preposti alla materia. Ma sugli esiti finali delle segnalazioni stesse nulla si dice. È una materia sulla quale bisogna intervenire, anche perché, di norma, è più facile segnalare, da parte di chi è soggetto alla disciplina, rispetto all’archiviare. L’aumento, paradossalmente, può nuocere alla selettività necessaria per colpire gli effettivi casi di riciclaggio.
Poiché esistono buone probabilità dell’assegnazione all’Italia della sede dell’istituenda Agenzia europea per l’antiriciclaggio – e già sono in competizione città come Roma e Milano per ospitarla -. questa sarebbe l’occasione favorevole per un riesame di norme e istituzioni nazionali preposte a questa attività di prevenzione e contrasto. Non è chiaro, per tornare al “ Milleproroghe”, come, su impulso di Draghi, il Governo procederà, dati anche i tempi ristretti per la conversione del decreto. Ma, considerate le diverse posizioni nella maggioranza su quest’ultimo argomento, e non solo, non era immaginabile che il Parlamento assumesse un atteggiamento tipico di chi è chiamato a sottoscrivere un contratto per adesione. Né i Ministri, che con espressione possessiva Draghi ha detto di avere, possono uniformare “in toto” il Governo al Parlamento. Inoltre, gli effetti del post – vicenda elettorale per il Quirinale si fanno sentire per tutti. Semmai, i segnali andranno ricercati in maniera più profonda per distinguere se si tratti di meri intoppi parlamentari oppure, in una fase che comincia a essere pre-elettorale, indichino una ben più preoccupante instabilità, che un demiurgo dovrebbe essere in grado quantomeno di attutire senza salire al Colle.
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