Luigi Di Maio ora tocca a te: vediamo da che parti stai, fai rispettare la legge. Patria o tornaconto di partito? Quale bandiera vuole sventolare? Il ministro riuscirà a difendere gli interessi dell’Italia? Il capo della Farnesina può immaginare come ora il grande rischio sia quello della possibile sovrapposizione tra la crudele e implacabile curva degli infettati con quella dei disoccupati. Bisogna difendere a tutti i costi gli italiani, la struttura industriale e la sua cultura. Di morti e di sofferenza ne abbiamo, e ne avremo, a sufficienza.

Luigi Di Maio potrebbe aprire e sfogliare il sito internet del Ministero della Salute fino a scoprire la “Revisione del Regolamento Sanitario Internazionale”, la fonte è dunque certa e accreditata. Il Regolamento Sanitario Internazionale (International Health Regulkation–IHR) è uno strumento internazionale del sistema delle Nazioni Unite che ha lo scopo di «garantire la massima sicurezza contro la diffusione internazionale delle malattie infettive».

Il nostro Ministero della Salute ben inquadra la situazione: «Gli eventi epidemici degli ultimi anni hanno chiaramente evidenziato quanto il fenomeno della globalizzazione del ventunesimo secolo abbia profondamente cambiato la distinzione tradizionale tra sanità pubblica nazionale e internazionale. Il costante e considerevole incremento del traffico e del commercio mondiale, l’apparizione di nuove malattie (ne sono esempi la Sars e l’influenza avaria) e il riemergere di – vecchie – condizioni morbose hanno aumentato i rischi di diffusione internazionale».

Il nuovo Regolamento Sanitario Internazionale è stato modificato in seguito al sorgere di nuove malattie infettive, ma soprattutto per allinearsi ai rischi connessi alla globalizzazione. È chiara la nota del ministero in quel passaggio in cui specifica il cambiamento dei confini tra sanità nazionale e internazionale. Il virus è globale come la merce. Il regolamento è stato approvato all’unanimità nel maggio del 2005 dall’Assemblea Mondiale della Sanità ed è entrato in vigore nel giugno del 2007. Sono centonovantasei gli Stati che hanno aderito, tra cui la Cina e l’Italia.

Perché in piena crisi Coronavirus è così importante quella norma sanitaria internazionale? Poche righe dell’articolo sei del regolamento non lasciano dubbi interpretativi, «Ogni stato parte deve notificare alla Organizzazione mondiale della sanità entro ventiquattro ore dalla valutazione delle informazioni relative alla salute pubblica tutti gli eventi che possono costituire all’interno del proprio territorio un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza nazionale». Questo è il punto: la Cina doveva entro ventiquattr’ore dall’insorgere del Coronavirus notificare la cosa all’Oms.

Sappiamo che le cose non si sono svolte secondo il regolamento. Sono i cinesi stessi ad ammettere ritardi. Shao Yiming, tra i più famosi virologi cinesi a capo di un importante organizzazione pubblica cinese, ha ammesso: «A Whuan i funzionari hanno chiuso il mercato dove si pensava fosse emersa l’epidemia e pensavano di potere tenere la malattia sotto controllo. Ma hanno ignorato la necessità di denunciare la malattia e hanno minimizzato la gravità». Possiamo anche citare la nota vicenda del medico-eroe del Central Hospital Li Wenliang tra i primi a cercare di dare l’allarme, ma obbligato al silenzio dai funzionari del partito, poi è deceduto vittima del Coronavirus.

Se la Cina avesse agito come da Regolamento il contagio sarebbe stato ridotto, probabilmente non sarebbe degenerata nell’odierna disastrosa pandemia. Vi sono i fondamenti per intentare una causa contro il Governo cinese? Quali le possibili sanzioni? La questione, per ora, non sembra sia stata considerata in Italia, negli Stati Uniti dove il diritto è differente dal nostro è nato un vivace dibattito. Senza tanti fronzoli la domanda che in molti si pongono è la seguente: «Il governo cinese può essere considerato responsabile di negligenza criminale?».

La domanda l’abbiamo girata al Professore James Kraska al Stockton Center for the Study of International Law, il docente è l’autore di un articolo in cui ipotizza la responsabilità della Cina. Per il professore la Cina è «colpevole di qualcosa di più della negligenza, di un comportamento sconsiderato». La Cina riconosce il diritto internazionale? «Solo quando soddisfa il loro interesse strategico. La Cina ha una visione molto diversa del diritto internazionale rispetto agli europei. I cinesi usano il diritto internazionale come strumento di opportunità strategiche e militari e sfruttano l’impegno degli europei nei confronti del diritto internazionale».