Quanti morti si sarebbero risparmiate in Cina e nel mondo se il Paese del Dragone avesse agito immediatamente in conformità con gli obblighi legali? È chiaro che la Cina non ha creato intenzionalmente una pandemia globale, ma il suo comportamento ha facilitato la diffusione del virus. Il modello autoritario di governance della Cina, così ora osannato da molti in Italia, in quanto tale, può aiutare quando bisogna limitare i diritti dei cittadini. Vale a dire l’applicazione e l’osservanza di misure coercitive, il nostro “state in casa”. Allo stesso tempo il modello autoritario cinese diventa poco compatibile con regolamenti o norme di diritto internazionale (anche se la Cina le ha sottoscritte) che provengono da modelli democratici. Il mentire, la censura, il non comunicare fanno parte di una cultura differente. Il modello autoritario sfocia nella “negligenza criminale” che si trasforma in una tragedia globale. A farne le spese il globo. La questione non è solo giuridica, ma è anche (soprattutto) politica. L’altro giorno il Segretario di Stato Mike Pompeo alla riunione dei G7 dei ministri degli Esteri ha, ancora una volta, apertamente accusato la Cina del «ritardo con cui è stato avvertito il mondo». Come abbiamo scritto, ora che il Coronavirus dilaga anche negli Stati Uniti, assisteremo ad un’escalation di litigiosità tra Usa e Cina. Torniamo a noi. Perché i giustizialisti pentastellati, dopo avere sentito il vincolante parere del ministro della Giustizia, e Marco Travaglio, non chiedono con forza l’applicazione del Regolamento Sanitario Internazionale sottoscritto sia dall’Italia che dalla Cina? Forti coi deboli e debole con i forti? Rivogliamo la nostra vita e i nostri soldi: Luigi Di Maio, pensaci tu. Sappiamo che siamo in buone mani.