Portò in salvo 53 migranti a bordo della Sea Watch 3
“Carola Rackete ha agito per dovere di salvataggio”, cade l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione
Carola Rackete decise di entrare senza autorizzazione con la Sea Watch 3, che stazionava davanti Lampedusa ma in acque internazionali, nelle acque territoriali italiane. Una decisione coraggiosa che salvò la vita a 53 migranti ma che le costò tre giorni dopo l’arresto. Era il 29 giugno del 2019. Oggi il Tribunale di Agrigento scagiona definitivamente la comandante da tutte le accuse che le furono imputate in quei giorni.
“Carola Rackete ha agito nell’adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare“. Con queste motivazioni il gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha archiviato l’inchiesta a carico della comandante di Sea Watch3 che, ad aprile, era stata già definitivamente prosciolta dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra.
Accuse scaturite dal presunto speronamento della motovedetta della Guardia di finanza il 29 giugno del 2019, giorno dell’arresto. Il nuovo procedimento, adesso archiviato su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore Vella e del pm Cecilia Baravelli, riguardava un episodio di tre giorni prima quando la trentatreenne tedesca, difesa dagli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini, decise di entrare senza autorizzazione con la nave, che stazionava davanti Lampedusa ma in acque internazionali, nelle acque territoriali italiane.
All’accusa di rifiuto di obbedienza a nave da guerra si era aggiunta quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per avere fatto entrare sul territorio italiano 53 immigrati. “Ha agito – scrive il gip – nell’adempimento del dovere perchè non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli”. Il giudice cita un rapporto dell’Alto commissario per le Nazioni unite nel quale si sottolinea “che migliaia di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Libia versano in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture”. Quanto all’averli condotti in Italia, nonostante il divieto, il gip aggiunge: “La condotta risulta scriminata dalla causa di giustificazione”.
Sea Watch ha così commentato la notizia dell’archiviazione dell’indagine: “Quest’ennesima archiviazione abbatte il pretestuoso muro legislativo eretto da Salvini e, nelle sue motivazioni, conferma quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione: soccorrere chi si trova in pericolo in mare e condurlo in un luogo sicuro è un dovere sancito dal diritto internazionale”. Meno entusiasta è invece la reazione di Salvini: “Quindi, se capisco bene la sentenza, speronare una motovedetta militare italiana con uomini a bordo non è reato. Torniamo ai tempi dei pirati… No comment”, ha detto postando su twitter la foto di Carola Rackete.
“Nel giugno del 2019 l’allora ministro dell’Interno Salvini indicava me e i colleghi saliti sulla SeaWatch per accertarci delle condizioni di profughi ed equipaggio come persone da arrestare – ha scritto su Facebook Riccardo Magi, deputato e Presidente di +Europa – Lo faceva in diretta TV e poi sui social, come al suo solito. In quell’estate del 2019 diverse cose sono successe che hanno cambiato poi il corso degli eventi e degli equilibri di governo…
Oggi sappiamo che la comandante aveva il dovere di sbarcare i profughi salvati in acque internazionali, nonostante il diniego delle autorità italiane. Salvini che per fortuna non è più al governo, non ha fatto la figura del fesso, ma molto peggio, perché è stato smentito ancora una volta dal diritto. Resta il fatto che i migranti, in assenza di accordi internazionali e corridoi umanitari, oggi come ieri continuano a tentare il viaggio verso la Fortezza Europa, rischiando la vita ai confini con la Bielorussia così come nelle acque del Mediterraneo”.
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