Dopo gli applausi servono atti concreti
Cartabia, dopo i proclami passi agli atti concreti: riforma della giustizia ora o mai più
Mi occupo di giustizia da tutta la vita, ho visto troppe occasioni mancate e troppe promesse non mantenute per non temere che la storia si possa ripetere. Oggi però ci troviamo davanti a una situazione unica nella storia recente per poter vedere finalmente realizzati i passi avanti necessari all’adeguamento del nostro sistema giudiziario agli standard europei. Le parole della ministra Marta Cartabia alla Commissione Giustizia della Camera, il luogo in cui si dovranno fare riforme, sono certamente incoraggianti e la congiuntura politica può essere favorevole a differenza del passato. Il governo ‘di tutti’ può limitare l’uso strumentale e polemico delle vicende legate alla giustizia, in particolare quella penale, per concentrarsi sulla risoluzione dei problemi concreti.
Il tema più spinoso è quello della prescrizione. Non ho condiviso l’impianto della riforma Bonafede, attuata nel governo M5S-Lega, che ha cancellato la riforma Orlando che rappresentava un positivo punto di equilibrio tra il dovere dello Stato di perseguire l’azione penale e la ragionevole durata del processo. La ministra della Giustizia si è impegnata a trovare una soluzione per “adottare le necessarie iniziative di modifica normativa e le opportune misure organizzative volte a migliorare l’efficacia e l’efficienza della giustizia penale assicurando al procedimento una durata media in linea con quella europea”. Questa è la strada! Solo con la durata ragionevole dei processi la prescrizione può essere e deve diventare un evento eccezionale. Un problema che peraltro non riguarda solo la fase dibattimentale, ma anche, se non soprattutto, quella delle indagini preliminari visto che moltissimi procedimenti si prescrivono prima dell’inizio dei processi.
E’ del tutto apprezzabile il riferimento della ministra al potenziamento dei riti alternativi e al “superamento dell’idea del carcere come unica effettiva risposta al reato”. “La certezza della pena –ha spiegato Cartabia- non è la certezza del carcere, che per gli effetti desocializzanti che comporta dev’essere invocato quale extrema ratio”. Si tratta di una svolta importante accompagnata dalla volontà di introdurre sempre più meccanismi di giustizia ‘riparativa’. Nulla di nuovo rispetto al pensiero di Marta Cartabia da Presidente della Consulta impegnata nelle visite nelle carceri italiane e espresso nel corso di un recente dibattito promosso dalla Fondazione intitolata a Carlo Maria Martini. Tutte le statistiche infatti confermano che i detenuti che hanno scontato la pena con misure alternative (ad esempio affidamento in prova e lavori socialmente utili) hanno una percentuale di recidiva molto inferiore a chi sconta tutto il periodo in carcere. In pratica chi ha la possibilità di un reinserimento sociale, familiare e lavorativo molto raramente commette nuovi reati con il risultato di rendere la società più sicura.
Va poi sottolineato che Marta Cartabia, accogliendo anche un appello di Liliana Segre, appena insediata ha insistito perché il piano vaccinazioni comprendesse anche le carceri, dagli operatori penitenziari ai detenuti la cui salute è affidata allo Stato. Gli ultimi due temi toccati dalla ministra riguardano la riforma del Csm e la necessità del “massimo riserbo” nel corso delle indagini. Tema del tutto condivisibile anche perché legato al principio di non colpevolezza. E’ evidente che si crea una sorta di giudizio anticipato, una ‘condanna alla gogna’ prima del dibattimento, spesso con gravi conseguenze personali, lavorative, familiari da cui è difficile riprendersi anche se poi si viene assolti alla fine del processo. Questo si aggiunge al fatto che ovviamente le fughe di notizie danneggiano le indagini, permettendo a eventuali complici di darsi alla fuga o di inquinare le prove.
C’è poi un tema molto rilevante, quello della riforma del Csm che è unanimemente considerata necessaria e urgente. Non può però essere sufficiente il cambio del sistema elettorale del Csm per risolvere tutti i problemi se le logiche interne alla magistratura, e anche alla politica, rimangono identiche. L’ex presidente della Corte Costituzionale non ha voluto quindi presentare un catalogo di promesse difficili da mantenere e attuare. Ha invece indicato una via stretta che può essere percorsa solo eliminando le punte polemiche e ideologiche. Non è un caso che al termine del suo intervento Cartabia abbia registrato un consenso molto vasto da parte delle forze parlamentari.
Tutti i componenti della Commissione Giustizia hanno manifestato la loro approvazione. Questi applausi però dovranno trasformarsi in atti concreti. Abbiamo davanti un’occasione da non perdere non solo perché abbiamo bisogno di una giustizia più giusta e celere, ma anche perché, non va dimenticato, se non si produrranno riforme vere ed efficaci si mettono anche a rischio gli stessi fondi del Recovery Fund.
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