Intervista al deputato di Italia Viva
“Cartabia e piano vaccino grandi vantaggi di aver mandato a casa Conte, per Letta ci siamo”, parla Gennaro Migliore
Gennaro Migliore, deputato di Italia Viva, già sottosegretario alla Giustizia nei governi Renzi e Gentiloni, ha con Enrico Letta una consuetudine ventennale. «Ero il capogruppo di Sel quando lui era vice segretario del Pd, feci con lui le consultazioni e poi è diventato Presidente del Consiglio». E oggi che Letta diventa il Draghi del Pd, le parti ruotano ma la stima tra gli interlocutori è rimasta.
Come può cambiare il rapporto tra il Pd di Letta e Italia Viva?
Letta ha incentrato il suo discorso parlando di una ipotesi neoulivista, cioè un campo del centrosinistra basato sull’alleanza tra diversi. In questa ricerca di dialogo c’è stato un riferimento diretto ad Italia Viva, e solo dopo un riferimento anche con il M5S, sul quale i presupposti andranno verificati dopo la leadership di Conte. Un cambiamento non irrilevante nei confronti di Zingaretti che invece aveva impostato tutto il suo ragionamento politico sull’asse privilegiato con i Cinque Stelle, mettendo in soffitta qualsiasi ragionamento sull’identità e sul programma.
E quindi Italia Viva più vicina al Pd, nell’ambito neoulivista?
Noi siamo una formazione politica certamente di centrosinistra, è chiaro che la matrice originaria di molti di noi è quella di un centrosinistra con forte impronta liberal, forte sui diritti e riformista sulle proposte sociali.
Nel concreto quali sono i punti che vi metterebbero d’accordo?
Siamo i maggiori sostenitori di quello che viene considerato da Letta l’approdo naturale, cioè il governo Draghi. Siamo l’unico partito che non ha avuto ripercussioni gravi all’interno per averlo sostenuto, tutti gli altri sono stati squassati, dal M5S a Leu, al fatto che il Pd abbia cambiato così radicalmente leadership.
Cosa l’ha colpita del dissidio interno ai Dem?
Ho considerato molto serio e sincero il discorso di Zingaretti, che ha definito una vergogna la lotta per le poltrone nel Pd. Mi colpisce che a fronte di cose così serie – è perfino ingeneroso definire il Pd solo come il partito delle poltrone – i dem provino a fare il solito salto in avanti senza interrogarsi su quello che è stato detto. Senza rimettere in discussione le parole del segretario eletto con le primarie. La ferita del Pd non ha neanche fatto in tempo a sanguinare. Sono stati a lungo intrappolati in una spirale, con troppi smottamenti verso il M5S, che peraltro ha sbeffeggiato il Pd subito dopo le dimissioni di Zingaretti con la boutade di Grillo. Questo ci fa capire con quanta leggerezza si fosse intrapresa quella strada. Bisogna tornare a dare un peso alle parole, alle definizioni. L’ultimo governo che ha fatto le riforme e che possiamo definire riformista è stato quello di Matteo Renzi.
Renzi come si pone adesso nei confronti di Letta?
Sono due leader. La linea politica prevale sempre sugli elementi anche più profondi di divergenza personale.
Giustizia, la ministra Cartabia è molto diversa dal suo predecessore.
Vedo in lei uno dei grandi vantaggi dell’aver chiuso l’esperienza del Conte2. Un altro vantaggio sta nell’avere oggi un piano vaccinale, cosa che fino a poco fa non c’era, e non so se è chiaro: quello di Conte era un bluff. Cosa su cui dovrebbe pesare un giudizio un po’ più severo…
Ma torniamo alla giustizia.
Che non ci sia più Bonafede, dicevo, è un’altra cosa che mi rende felice. È stato quasi tre anni e i danni al sistema giustizia vanno adesso riparati. La ministra Cartabia ha rassicurato oggi rispetto alle riforme da realizzare: va radicalmente cambiato l’approccio verso il mondo penalistico, sul processo, sui reati, sull’esecuzione della pena. L’uso della giustizia punitiva, caratteristica fondamentale della retorica di Bonafede, francamente non era accettabile. E bisognerà chiarire con la ministra un ordine di priorità.
Le priorità di Italia Viva?
Cambiare la legge sulle intercettazioni. Trovando la forma, parlandone, ma tornando a dire che la ragionevole durata del processo è un principio non negoziabile. E rimettere mano alla riforma della magistratura, a partire dal Csm, anche perché onestamente ci sono elementi che rivelano l’inerzia non più tollerabile del Csm.
Quali?
Uno molto serio è relativo alle frasi dette alla rivista di Magistratura Democratica sul cordone sanitario da stringere intorno a Matteo Renzi. Nessuna reazione dall’organismo di controllo equivale a una certificazione di inesistenza. E il secondo riguarda un pronunciamento pilatesco su Catello Maresca, con il quale dicono che a loro non risulta candidato a Napoli. Da quanto emerge dalle varie contestazioni, penso si debba intervenire perché non ci siano dubbi da parte dell’opinione pubblica dell’autonomia e indipendenza della magistratura.
A Napoli si vota a ottobre, che succederà?
Non si sta facendo una analisi seria di quel che accade. C’è un Sindaco che lascia tutti i disastri aperti e se ne va a fare campagna elettorale in Calabria. E c’è un Presidente della Camera che fa balenare una sua candidatura senza chiarirne i contorni, senza formalizzarla. Chiedo chiarezza. A partire dall’alleanza che ha portato al successo De Luca, ci si metta intorno a un tavolo e si decida. E se non c’è accordo, si facciano le primarie di coalizione. A Napoli le primarie non si possono fare? Sarebbe un problema serio, doverlo constatare. Io credo che a Napoli si possano fare, eccome.
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