Giustizia
Cartabia non blocchi la firma digitale
La Ministra Cartabia è al centro di uno dei dossier più delicati per il Governo, ciò non toglie che la riforma della giustizia non passi anche attraverso l’ampliamento al dominio digitale del pieno godimento dei diritti civili e politici. Il giusto processo, i suoi tempi o l’accesso alla difesa necessitano della stessa rimozione di irragionevoli, cioè contra legem, ostacoli frapposti da leggi inadeguate o inadatta a garantire il rispetto della nostra Costituzione e degli obblighi internazionali della Repubblica italiana.
In queste ore la Commissione Affari costituzionale della Camera deve votare un emendamento a prima firma del radicale Riccardo Magi presidente di Più Europa, sottoscritto da tutti i gruppi di maggioranza, che in occasione della conversione in legge del decreto semplificazioni introduce da subito prevede la firma digitale (anche) per i referendum.
Non è una novita, alla fine dell’anno scorso era stata decisa tale possibilità a partire dal gennaio 2022, né di un escamotage escogitato dai promotori dei referendum per rendere la raccolta firme più semplice bensì di una delle varie misure predisposte dal legislatore per rispondere a quanto denunciato dalle Nazioni unite nel 2019 a seguito dell’attivazione da parte di Mario Staderini, Michele De Lucia e Cesaro Romano di un meccanismo ONU per denunciare violazioni dei diritti civili e politici. Il caso, presentato nel 2015 e relativo a una raccolta firme referendarie di due anni prima, elencava una serie di norme contrarie all’articolo 75 della Costituzione mettendo in mora la Repubblica italiana per gli irragionevoli ostacoli al pieno godimento del diritto di partecipare direttamente alla vita politica del paese.
Il Ministero della Giustizia blocca una soluzione normativa elaborata dal Ministro Colao andando contro gli impegni presi con l’ONU. Secondo la Giustizia dovrebbero poter avere accesso alla firma digitale solo persone con disabilità mentre la fase di certificazione dovrebbe avvenire con passaggi cartacei che annullerebbe la smaterializzazione tipica delle attività telematiche.
Il 12 luglio, Marco Gentili, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, capoifila di questa battaglia, ha scritto alla Ministra a Cartabia prmettendo di essere “una persona affetta da SLA dalla nascita” impossibilitato a muoversi in autonomia e a parlare con la sua voce ma attivo nel “partecipare alla vita democratica del Paese come studente, consigliere comunale e co-promotore del referendum per l’eutanasia legale”. Gentili, che a oggi non ha ricevuto risposta, sottolinea di scrivere non perché impossibilitato a firmare personalmente quello che promuove né a nome di chi ha problemi simili ai miei o dei milioni di anziani, disabili, o degli oltre 5 milioni di residenti all’estero e regolarmente registrati all’AIRE o dei cittadine e cittadini che preferiscono restare a casa in tempi di emergenza sanitaria ma “perché i miei diritti di cittadinanza attiva sono fortemente limitati dalla riformulazione dell’emendamento per la firma digitale”.
Non si tratta di andare incontro alle richieste dei promotori di un referendum, si tratta di ricordare al Presidente Draghi di porre il dettato costituzionale al centro dell’operato del Governo per garantire la transizione digitale della democrazia in tempi in cui si torna a parlare di misure emergenziali di confinamento a causa delle nuove varianti del virus. A sostegno di tutto ciò da venerdì è in corso uno sciopero della fame per invitare il Governo ad accantonare la riformulazione predisposta dal Ministero della Giustizia e dar prova di rispetto della Costituzione.
© Riproduzione riservata