La precisazione
Caso Bari, Pittalis: “Non è un’azione contro Decaro. Dal 2018 indagini su 88 comuni. E sull’onere della prova sono stato frainteso”
Il vicepresidente della commissione Giustizia precisa la posizione sul caso Bari ma rivendica le prerogative di accertamento del Viminale

Piero Pittalis, avvocato sardo eletto alla Camera dei Deputati con Forza Italia, è il vicepresidente della commissione Giustizia di Montecitorio. Ieri un suo intervento in Aula ha sollevato perplessità nel fronte garantista per i toni insolitamente fuori registro del parlamentare azzurro.
Pittalis, su Bari c’era proprio bisogno di avviare l’iter per il commissariamento?
«Si tratta di una iniziativa che rientra nelle prerogative del ministro Piantedosi, fatta in precedenza anche da ministri del Partito Democratico. Per ora non c’è nessun commissariamento. C’è un accesso agli atti e l’invio di ispettori per svolgere un accertamento in relazione a fatti di inchiesta che sono opera della magistratura e non della politica. Riteniamo che sia un accertamento non fatto contro un sindaco e men che meno contro la comunità di Bari, che serve a eliminare ogni possibile dubbio su infiltrazioni della criminalità organizzata e sui suoi rapporti con le municipalizzate di Bari».
Non c’è un caso Decaro, parliamo di due consigliere peraltro nate nel centrodestra e poi passate con il centrosinistra.
«Non mi interessa la provenienza dei consiglieri e non è una azione contro il sindaco Decaro. Parliamo dell’esercizio di una attività necessaria quando si è in presenza di iniziative della magistratura e delle prime risultanze di indagine. Si è fatta dal 2018 ad oggi per 88 comuni italiani. Si è fatta per fatti meno gravi. E ne sono stati artefici in passato ministri del Partito Democratico. Non si comprende perché si crei questa azione violenta nei confronti di una iniziativa che ha il solo scopo di svolgere gli accertamenti necessari».
Lei è un garantista, dobbiamo mantenere il garantismo anche quando riguarda gli avversari.
«Sì certo, e soprattutto. Io l’ho detto ieri con una provocazione rivolta ai banchi del Pd: per molto meno alcuni membri del gruppo del Partito Democratico – alcuni, non amo generalizzare – sul ruolo dei collaboratori di giustizia hanno montato casi. Volevo fare un richiamo al non cedere al garantismo di convenienza».
L’hanno fraintesa? Non stava leggendo le parole di un pentito, in Aula?
«Era una provocazione. Per puntualizzare: stavo citando un passaggio del decreto del Tribunale di Bari, terza sezione, delle misure di prevenzione del 22 febbraio che riportava esattamente questi episodi.
Lei ha detto: “Ci auguriamo che il sindaco Decaro possa dimostrare…”. Ma non è lui ad avere l’onere della prova. L’onere della prova lo ha semmai l’accusa.
«Lungi da me rimangiarmi i miei principi garantisti. Non era quello che volevo dire, la mia frase è stata troncata. Se mi fa esprimere compiutamente posso precisare meglio il mio pensiero».
Prego, mi dica: non è Decaro a dover fornire spiegazioni, quindi?
«No no, non volevo fare una inversione degli oneri probatori. Anche perché Decaro non è assolutamente sul banco degli imputati. Riportando un passaggio del decreto del Tribunale di Bari dove un collaboratore di giustizia tira in ballo Decaro mi sono permesso di dire che noi che siamo garantisti a tutto campo e non applichiamo il garantismo a corrente alternata. Coerentemente con i miei principi garantisti, non attribuisco alle parole del collaboratore di giustizia contro Decaro alcun valore in assenza di un giudizio compiuto».
Tuttavia si è rivolto ai colleghi dem.
«Mi ha fatto la reazione del Partito Democratico e di una parte dell’opposizione: capiscono quello che noi garantisti andiamo predicando da tempo. Settori di sinistra iniziano finalmente a riconsiderare quel sistema che noi contestiamo da tempo, a partire dall’affidabilità dei collaboratori di giustizia fino al dovere di attendere l’ultimo grado di giudizio prima di esprimere qualsiasi condanna».
Ieri le sue parole erano parse diverse.
«Non c’era stato il tempo per spiegarmi meglio, in Aula. Spero che ora siano chiare».
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