Dopo la prescrizione
Caso Bergamin, la Procura di Milano non accetta la prescrizione

La procura di Milano non si rassegna davanti alla decisione della corte d’Assise di dichiarare la prescrizione dei fatti di lotta armata per i quali era stato condannato Luigi Bergamin, uno dei rifugiati politici in Francia a rischio di estradizione. I pm non solo stanno valutando di ricorrere in Cassazione ma si preparano all’udienza del prossimo 8 giugno in cui si discuterà il ricorso della difesa di Bergamin contro la decisione del Tribunale di sorveglianza di dichiararlo “delinquente abituale”.
Nel caso in cui la scelta dei giudici di sorveglianza dovesse diventare definitiva sarebbe possibile applicare una misura di sicurezza tipo la permanenza in una casa lavoro. Tale misura consentirebbe di chiedere alle autorità francesi l’estradizione di Bergamin ex aderente ai Pac di Cesare Battisti nonostante la prescrizione. La strada per ottenere la consegna di Bergamin appare in salita ma la procura di Milano non demorde in un momento in cui, in realtà, avrebbe da occuparsi di questioni più urgenti rispetto al ritorno forzato in patria della banda dei nonni di Parigi fermati il 28 aprile scorso e poi rimessi in libertà in attesa delle decisioni francesi. Una procura divisa al suo interno in relazione alle polemiche sul caso Eni, mentre il pm Storari è indagato a Brescia e rischia il trasferimento in relazione alla consegna dei verbali dell’avvocato Amara a Davigo. A Brescia dovranno essere sentiti anche il capo dell’ufficio Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio.
Eppure con una dedizione degna di miglior causa la mitica procura di Milano insegue i fantasmi del passato. Il procuratore Francesco Greco da giovane era un rivoluzionario. Fece parte di uno sparuto ma agguerrito gruppo di magistrati che da Roma e da Milano si oppose alle leggi speciali antiterrorismo e partecipò in prima persona a un collettivo “il gruppo del mercoledì” che si batteva per l’amnistia ai detenuti politici insieme a chi scrive queste povere righe, al libraio Primo Moroni e all’attore Gianmaria Volontè. È vero che si nasce incendiari e si muore pompieri, ma per fortuna non vale per tutti.
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