L'inchiesta patacca
Caso Consip, come la magistratura ha affossato il governo Renzi: prove false, reati inesistenti, Fatto e Verità si sono scusati con i lettori?
Caro direttore,
sei anni e mezzo fa al sottoscritto, ospite della trasmissione di Giovanni Floris, capitò di affermare che l’inchiesta Consip era «una patacca» e che «pezzi dello Stato, cioè la magistratura napoletana, cercavano di fregare altri pezzi dello Stato, cioè il governo Renzi».
In collegamento, dal grande schermo che sovrasta lo studio, Marco Travaglio mi guardava con quel sorrisetto beffardo che farebbe saltare i nervi anche a un monaco buddista, replicando poi come al solito insultando l’interlocutore, cioè il sottoscritto, eccetera eccetera. Non è certo un fatto personale: ma avevo ragione io.
Dalle motivazioni della sentenza di assoluzione di Tiziano Renzi e Luca Lotti per l’inchiesta Consip emergono nero su bianco le responsabilità degli inquirenti (il famoso capitano del Noe Scafarto, condannato a un anno e mezzo) che passava le “cartuccelle” ai cronisti del Fatto e della Verità, Marco Lillo e Giacomo Amadori. Assolti anche tutti gli altri imputati: l’editore del Riformista Alfredo Romeo, Italo Bocchino, ex parlamentare, Emanuele Saltalamacchia, ex comandante dei carabinieri della Toscana, Filippo Vannoni, ex presidente di Publiacqua a Firenze, il manager Stefano Pandimiglio e l’imprenditore Carlo Russo. È giusto ricordare tutti i nomi. Mesi, anni di campagna mediatico-giudiziaria ai danni del governo Renzi (Tiziano ovviamente è il padre dell’ex presidente del Consiglio e Lotti era sottosegretario alla presidenza di quel governo).
Ora, caro Claudio, non sarà mai possibile calcolare il danno d’immagine, e forse anche elettorale, che è stato recato a Matteo Renzi e naturalmente nessun risarcimento politico sarà possibile. Non sapremo mai quanto la storia italiana sta stata modificata da un’inchiesta farlocca. Io non so nulla della procura di Napoli e segnatamente del dottor Henry John Woodcock, tantomeno chi sia questo Scafarto, e se ci sia stata una “regia politica” dietro questa vicenda. So però che anche stavolta la magistratura ha cambiato il corso della politica. E che sono stati utilizzati due giornali per colpire un governo legittimo con false prove di reati inesistenti che non sono solo state riportate in nome del diritto di cronaca, ma sono state la base per una campagna diffamatoria che puntava a rovesciare un presidente del Consiglio.
I giornalisti quando hanno “roba”, pubblicano. Ma quando, dopo anni, emerge che la storia era una patacca, e che dunque i giornalisti hanno veicolato materiale falso, nulla accade a loro né ai loro direttori. Non dal punto di vista penale, e va bene, ma neppure da quello deontologico (non voglio dire disciplinare): si sono scusati, il Fatto e la Verità, innanzitutto con i loro lettori? Non pensi, direttore, che anche questo sia un problema?
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