Domande e risposte scritte. Eccole
Caso Consip, l’intervista di Marco Lillo ad Alfredo Romeo che il Fatto non ha pubblicato
Abbiamo incontrato Alfredo Romeo nella sede della sua società, a due passi dal Parlamento, dove veniva nel 2016 Carlo Russo, l’amico del padre del premier di allora. Proprio qui secondo i pm, mentre parlava con Russo, Romeo avrebbe scritto il foglietto con l’offerta ‘30mila euro per T.”, alias Tiziano Renzi. Romeo nega di averlo scritto. Tiziano dice che non ne sapeva nulla ma venerdì è arrivata per tutti e tre la richiesta di rinvio a giudizio per traffico di influenze e turbativa per le gare Consip da 2,7 miliardi e Grandi Stazioni da 50 milioni circa. A quattro anni esatti dall’avvio del caso Consip abbiamo chiesto un’intervista a Romeo che ha accettato a una condizione: domande e risposte scritte. Eccole.
I pm hanno chiesto il suo rinvio a giudizio con Russo e Tiziano Renzi per il caso Consip. Il Fatto ha scritto molte volte di un incontro tra voi tre a Firenze. Tiziano lo nega. Ci racconta come è andata davvero quel giorno in questo ‘barettino’, come lo chiama lei nelle intercettazioni? Parlaste di Consip?
Lei insiste con questo foglietto con la scritta “30.000 a T”. Allora: primo, la calligrafia non è mia; secondo, questo foglietto è stato trovato nella spazzatura a 200 metri dal mio ufficio; terzo, nel foglietto non si parla di soldi e non sono indicati nomi; quarto: il foglietto viene scritto, secondo gli investigatori, il 14 settembre 2016, quando le gare si erano già chiuse. Dunque l’ipotesi sarebbe questa: che io – avendo tutti i titoli per vincere le gare, visto che chiunque in Italia può confermarle che nel settore sono il numero uno – decido di dare 30 mila euro al mese a Tiziano Renzi per delle gare che sono già chiuse. Può darsi anche che io sia un po’ cretino, dottor Lillo, ma non così cretino, le sembra? C’è poi la testimonianza dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni. Sia in sede di interrogatorio dal Pm sia nelle intercettazioni: nessuno gli raccomandò Romeo, anzi, qualcuno, – il Presidente della Commissione -, gli disse che se avesse vinto Romeo sarebbe stato il finimondo. L’incontro col papà di Renzi lo ho avuto nel luglio del 2015. Ci siamo visti per dieci minuti al banco di un bar, senza neanche sederci. Abbiamo parlato solo del convegno che stavo organizzando con l’Osservatorio Risorsa Patrimonio, l’IFMA Italia ed il Sole24Ore sulla “Gestione delle città”. Al convegno interveniva anche Raffaele Cantone e avrei avuto piacere che a concludere fosse il presidente del Consiglio. C’è un appunto di un mio collaboratore, che portai con me, sulla struttura del convegno, scritto il giorno prima dell’incontro. Tutto qui. Nessun mistero. Nessuna relazione con Consip. Del resto sono intercettato giorno e notte da dieci anni e da nessuna delle varie informative minuziosissime, che lei conosce bene, risulta che io abbia parlato di Consip con Tiziano Renzi. Per lo stesso convegno mi aveva chiamato in aprile anche una signora della Segreteria di Palazzo Chigi. Mi aveva dato assicurazioni ma non se ne fece niente.
E allora perché non ha mai raccontato l’incontro a nessuno?
Nessuno me lo ha mai chiesto. Su Renzi sono stati interrogati tutti tranne Romeo. Lei oggi me lo chiede. Io le rispondo. In tutti questi anni sono stato interrogato una sola volta, appena arrestato, dal Gip Gaspare Sturzo. Mi intimorì. Non mi fidai e mi avvalsi della facoltà di non rispondere. Feci bene. Sturzo si è accanito vessatoriamente contro di me in ogni occasione possibile, anche contro la richiesta di archiviazione della Procura. Non so se qualcuno gli aveva chiesto di accanirsi. Dalle “chat Palamara” che sono state pubblicate sembra che poi Sturzo si sia vantato di aver condotto il caso Consip in quel modo, e sembra addirittura che abbia chiesto un premio al Csm. Mah.
Lei ha incontrato recentemente Matteo Renzi qui. Sotto c’è la sede del Riformista e lei è accusato di avere proposto proprio qui a Russo 30 mila euro al mese per T.. Come spiega la disinvoltura del figlio Matteo che pranza qui con lei? Garantismo? Un segnale di vicinanza?
Sui 30 mila a T. le ho già risposto. Con Matteo Renzi ho parlato due sole volte, una quando era Presidente della Provincia di Firenze e una quando venne a trovarmi un paio di mesi fa. Ho trovato naturale che fosse suo interesse incontrarmi con il direttore Piero Sansonetti nella mia qualità di editore de Il Riformista.
Lei è imputato per corruzione perché il funzionario Marco Gasparri ha confessato di avere ricevuto soldi da lei. La sua difesa in aula ha attaccato la spontaneità e l’attendibilità del Gasparri. Cosa non va per voi?
Qual è l’azienda più qualificata in Italia nel facility management? Chiunque le risponderà: la Romeo. La Romeo però non vince gare in Consip dal 2011. E l’imputato sono io. Perché? Perché un certo Marco Gasparri, che era un funzionario Consip (che non aveva ruolo, funzioni e poteri per intervenire sulle gare), dice di avere avuto dei soldi da me. Quanti? 100 mila euro, dice nella sua prima deposizione-confessione. Poi scende. Forse solo 20 mila. Quando? Boh. Dove? Boh. Dove sono finiti questi soldi? Boh. Gasparri concorda una piccola pena, viene licenziato e subito ottiene una collaborazione per lui ed il fratello dalla azienda che – grazie alla sua deposizione- subentra nella graduatoria della gara FM4 alla Romeo Gestioni per quasi 400 milioni di euro di valore. A quel punto il povero Gasparri incrementa decisamente il suo tenore di vita, compra case, frequenta costosi circoli, si trasferisce in villa con piscina in Portogallo, etc. sembra aver vinto al Totocalcio. Il suo giornale ha parlato di intercettazioni dalle quali risulta che il maggiore Scafarto avvertì Gasparri di una perquisizione in casa sua, dando il tempo a sua moglie di bonificare, e di altre intercettazioni dalle quali risulta che il suo avvocato, ancora da nominare, quando Scafarto perquisiva, sapeva tutto e seguiva dall’ufficio del Pm Woodcock, conoscendo già la data in cui Gasparri sarebbe stato sentito dal magistrato auto accusandosi e accusando me. Risulta poi che Gasparri sapeva di dover essere interrogato a Roma quando Roma ancora non indagava. Mi dica la verità: lei crederebbe mai a un testimone del genere? Tantopiù che in ore e ore di intercettazioni sui colloqui tra me e Gasparri, mai e poi mai si parla di soldi o di favori. Come possono condannarmi? Qualche amico mi ha detto: “Attento, ci sono molti giudici che, per amicizia o colleganza, si appiattiscono sulle posizioni della Procura”. Non credo proprio che sia il mio caso.
Comunque, almeno ammetterà di avere ecceduto nella ‘difesa’ offrendo cose che non doveva offrire a Russo e Gasparri?
Io non ho offerto niente a nessuno. Sono intercettato da 10 anni, le mie aziende sono state passate al setaccio più volte. Sono poche le aziende che sarebbero uscite linde da un assalto di questo genere. A Napoli sono imputato insieme ad altre 53 persone, per un vorticoso giro di tangenti che ammontano a quasi 800 euro. Non scherzo, dottor Lillo: 800 euro che diviso per 54 fa 14 euro e 81 centesimi a testa. A Roma sono imputato in vari processi, perché la magistratura ha preferito spezzettare il processo Consip in diversi rivoli. Per levare il processo a Napoli, salvare Renzi e tutelare Consip ero io lo strumento ed il capro espiatorio ideale. A tal fine i Pm romani hanno cambiato il mio capo di accusa da “corruzione per atto dovuto – art. 318 c.p.” (come avevano ipotizzato i pm di Napoli ) a “corruzione per atto improprio – 319 c.p.” acquisendone la competenza territoriale. Woodcock che voleva arrestare tutti è fuori dal gioco, Romeo è il parafulmine di tutto, si salva Tiziano Renzi, si salva la Consip e si insabbiano le manovre sulle grandi gare gestite dal renziano AD di Consip Marroni. Nessuno mi ha mai convocato per un interrogatorio. Se la Procura di Roma avesse indagato a fondo ne avrebbe scoperte delle belle ma non ha voluto farlo. Hanno deciso di accanirsi su di me per salvare Renzi. Lei non ci crede? Proprio così: sono vittima di due congiure contrapposte: la prima, napoletana, per colpire Renzi; la seconda, romana, per salvare Renzi. Io non ho corrotto nessuno. Ho fatto un’altra cosa: due esposti (nell’aprile e nel maggio 2016) alla Consip, all’Anac ed all’AGCM per denunciare, anche nell’interesse istituzionale dell’IFMA di cui ero Presidente, le pratiche anticoncorrenziali tollerate dalla stessa Consip. Non mi hanno ascoltato. Da anni i pm di due procure cercano indizi contro di me ma tutto porta dalla parte opposta. Io non c’entro con il cartello. Sto pagando la scelta di lavorare sempre da solo. Senza cordate. Senza protettori. Le indagini dimostrano la realtà: il Pd stava con le cooperative rosse, gli ex parlamentari Denis Verdini e Ignazio Abrignani stavano con Cofely, Russo e il papà di Renzi stavano con la Omnia Servitia, Gasparri e Marroni con la Team Service. L’Ad di Consip, il renziano Marroni, garantiva. I Pm però hanno intimorito e condizionato Consip, Tar, Consiglio di Stato e anche l’AGCM, che ha addirittura sanzionato la Romeo per fatti di cui era denunciataria e vittima pur avendo le prove della sua innocenza. Così hanno escluso Romeo da molte gare danneggiando in modo devastante la mia azienda.
Nel 2016 lei e il suo consulente Italo Bocchino dite che Carlo Russo vi fu inviato dall’ex amministratore della Consip Domenico Casalino. Lei sapeva che Casalino si vedeva con Russo e una volta – in un bar a Roma – con Russo e Tiziano Renzi?
Casalino mi chiese attraverso Bocchino di incontrare Russo sostenendo che era stato Luca Lotti a pregarlo di mandarlo da me. Fu lo stesso Casalino a farci sapere dopo che a suo giudizio Russo era un millantatore e che anche Lotti, successivamente, gli aveva detto di non stare ad ascoltarlo e… di stare attenti.
Lei ha incontrato con Russo a Roma il 4 marzo 2015 Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd. Poi Russo incontra Bonifazi a Firenze e nel settembre 2016 cerca di convincerlo a cedere a lei l’Unità in crisi.
Mi è sempre piaciuta l’idea di fare l’editore. L’ho anche dimostrato con il Riformista. Penso di saperlo fare. Avrei voluto anche l’Unità, perché ne sono un vecchio lettore e quando ero ragazzino la distribuivo davanti alle fabbriche. Non se ne fece niente, anche per il mio vizio di lavorare da solo.
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