Chiesto supplemento di indagine
Caso Consip, Sturzo il Gip al quale piaceva perder tempo e voleva lo scalpo di Renzi
Quindi sono gli avvocati che cercano di rallentare le indagini, e poi i processi, e poi intasano tutto con i loro ricorsi e i controricorsi, e lo fanno per ottenere la prescrizione. L’avete sentita dire cento volte questa cosa, no? Anche in Tv, l’avete letta sui giornali, sui social. E a forza di ripeterla, ripeterla, una cosa è come se diventasse vera. Se chiedete a cento persone se è così, almeno un’ottantina vi risponderanno: sì, sì, è così, tutta colpa degli avvocati.
Allora seguitemi un attimo, attenti alle date. C’è un’ipotesi di reato che risale al 2016. Una inchiesta che parte proprio nel 2016 e si conclude due anni dopo con una richiesta da parte del Pm di archiviazione. I Pm non hanno trovato reati. Il Gip però non è d’accordo, respinge la richiesta di archiviazione e chiede un po’ di tempo per pensare a cosa fare. Pensa, pensa, pensa, un mese, due, tre, quattro: quindici mesi. Dopo 15 mesi di pensieri, sebbene l’inchiesta dei Pm dimostri che non c’è uno straccio di prova di colpevolezza, il Gip ha la bella idea di chiedere un supplemento di indagini. Gli è servito quasi un anno e mezzo di meditazione per chiedere un supplemento di indagini. Ha detto al Pm – che aveva chiesto l’archiviazione – di cercare ancora per 90 giorni. Poi, se il Pm gli ripeterà che non ha trovato nulla, forse sarà lui stesso a decidere l’imputazione coatta, e probabilmente, per fare questo, gli saranno necessari ancora 15 o 16 mesi.
Non è un caso ipotetico, quello che ho raccontato. È il caso di una delle inchieste Consip. Il Pm in questione è il Pm romano Mario Palazzi, un magistrato piuttosto noto e molto esperto. Il Gip che gli ha rimandato indietro la richiesta di archiviazione è Gaspare Sturzo, magistrato dal nome celebre, in Italia, perché è il nipote del fondatore del Partito Popolare e della Democrazia Cristiana. Sturzo, lunedì sera, ha respinto la richiesta di archiviazioni di Palazzi avanzata nell’autunno del 2018 e ha preteso nuove indagini sugli indiziati (tra gli altri il padre di Renzi, Luca Lotti e Alfredo Romeo) e anche su Denis Verdini e un gruppetto di suoi amici che indiziati non erano.
Gli avvocati degli imputati in questa vicenda hanno potuto fare ben poco. Chi si è impegnato a fondo per intralciare la velocità della giustizia è stato solo ed esclusivamente il Gip. Bisognerà che l’Anm, o i magistrati eccellenti, come Davigo, o i legislatori dei 5 Stelle, tengano conto di questa vicenda. Ora il Pm Palazzi dovrà comunque, quasi un anno e mezzo dopo aver chiuso la sua indagine, ricominciare daccapo, riprendere in mano le carte, forse interrogare nuovi testimoni, e probabilmente dovrà lasciare per strada altre inchieste alle quali stava lavorando. Che magari cadranno in prescrizione…
Come si spiega questo corto circuito e questo simil-suicidio della stessa magistratura, che poi protesta e chiede che sia bloccata la prescrizione per impedire agli avvocati di ritardare i processi? Forse si spiega con una sola e brevissima parolina magica: Renzi. Il bersaglio è quello, e quel bersaglio spiega tante cose.
Tra le vittime di questa inchiesta dai tempi infiniti, diciamolo subito, c’è il nostro editore, Alfredo Romeo. Che da diversi anni è stato coinvolto nei vari rivoli dell’inchiesta Consip. E ha anche scontato diversi mesi di detenzione. Quando poi tutto sarà finito potremmo forse fare un calcolo approssimativo dei danni provocati da queste inchieste alle sue aziende. E l’entità dei danni sarà tanto maggiore quanto più sarà lunga la durata delle inchieste. Proviamo a prendere il caso Romeo e a moltiplicarlo – ad esempio – per dieci o per cento, quanti sono gli imprenditori che finiscono in una inchiesta giudiziaria simile e che poi si concluderà nel nulla: otterremo un risultato pari a diversi miliardi di danni. Forse uno o due punti di Pil. Non ci credete? È così, una delle ragioni della stagnazione o della recessione dell’economia italiana sta lì: nella burocrazia giudiziaria, nella macchina del sospetto che si è alimentata in tutti questi anni di politica, di populismo, di giustizialismo.
Ora ve la racconto la storia delle indagini su Alfredo Romeo, come risulta dalle carte che il Gip Gaspare Sturzo ha potuto esaminare. L’accusa del Gip – che qui ha assunto una funzione di vero e proprio pubblico ministero aggiunto – è la seguente. L’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, avrebbe ricevuto pressioni da due diverse persone in nome di due diverse aziende che partecipavano a una delle gare d’appalto della Consip. Anno 2016, mese aprile. Una di queste persone è l’ex parlamentare Ignazio Abrignani, il quale avrebbe sostenuto l’azienda Cofely, legata – si dice – a Denis Verdini. L’altra persona è Carlo Russo, presunto amico di Tiziano Renzi e che avrebbe sostenuto l’azienda di Romeo.
Su che base il Gip-Pm sostiene questa tesi? Sulla base di alcune dichiarazioni rilasciate da Luigi Marroni durante alcuni interrogatori. In una prima dichiarazione Marroni dice di avere ricevuto pressioni a favore della Cofely dall’ex parlamentare Abrignani, e pressioni da Russo a favore di un’altra azienda della quale non ricordava il nome. In un successivo interrogatorio Marroni sostiene ancora di non ricordare il nome dell’azienda raccomandata da Russo, ma esclude che fosse quello dell’imprenditore Romeo.
Su questa base si è deciso di indiziare di reato Romeo e ora anche Verdini e gli altri. Non però Marroni. Ora, francamente, questa è una circostanza difficilissima da spiegare dal punto di vista della logica formale. Se uno sostiene che si è svolta una gara, che questa gara l’ha vinta Romeo, che per vincerla ha influenzato o corrotto l’amministratore delegato della Consip, cioè Marroni, e se si decide, su questa base – e sulla base di un teorema privo di uno straccio di indizio – di procedere contro Romeo che ha corrotto Marroni, ma come diavolo si fa a non procedere anche contro Marroni e la Consip?
Dopodiché, naturalmente, si possono raccontare anche tante altre cose che non stanno nell’inchiesta. Per esempio si potrebbe fare questa domanda: è vero che il figliastro di Marroni gestisce insieme al figlio di Verdini un ristorante di gran successo a Roma? Voi – giustamente, direte: e cosa c’entra questo con il caso Consip? Niente, amici, proprio niente. Per questo l’ho scritto. Per continuare a seguire la logica del Gip Sturzo. Fondata sul sospetto, sul sospetto, sul sospetto. Posso avere un sospetto anch’io?Ho il sospetto che tutto questo ambaradam privo di senso, e che serve solo a intasare la macchina della giustizia e la Procura romana, abbia un unico obiettivo, e vi ho già detto qual è. Il padre di Renzi, e poi Renzi.
È politica: tutto qui. La giustizia c’entra zero. Però – devo dire, così, senza nessun riferimento ai fatti – sia De Gasperi che don Sturzo, quando dicevano “politica” intendevano una cosa molto più seria.
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