Il caso dopo 43 anni
Caso Moro, mistero senza fine: dopo 43 anni nuova inchiesta a Roma
C’è una nuova inchiesta sul caso Moro coordinata dalla procura di Roma in cui si ipotizzano i reati di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo e favoreggiamento di latitanti, dove tutto ruota intorno alla divulgazione di materiale riservato acquisito e/o elaborato dalla commissione parlamentare di inchiesta. L’altro ieri mattina è stato perquisito con sequestro di pc e cellulare Paolo Persichetti, condannato come militante delle Br dopo essere stato estradato dalla Francia, autore di libri cult sulla lotta armata come Il nemico inconfessabile insieme a Oreste Scalzone e Dalle fabbriche alla campagna di primavera con Marco Clementi e Elisa Santalena.
L’inchiesta intende accertare in che modo Persichetti è entrato in possesso del materiale riservato proveniente dalla commissione parlamentare che in questa legislatura non è stata ricostituita ma continua a pendere come una spada di Damocle sulla vita del paese in relazione a fatti di oltre 40 anni fa, proponendo tesi dietrologiche e complottarde sposate dai pm. Il decreto di perquisizione emesso nell’ambito dell’indagine rubricata col numero 20086/21 recale le firme del pm Eugenio Albamonte, lo stesso che aveva chiesto e ottenuto dal gip di prendere il DNA dei condannati per via Fani e di altre persone a 43 anni dai fatti, e anche del capo della procura Michele Prestipino. Prestipino può essere considerato una sorta di procuratore abusivo perché sia il Tar sia il Consiglio di stato hanno annullato la sua nomina ritenendola irregolare. Prestipino ha presentato ricorso straordinario in Cassazione lamentando invasione di campo da parte della giustizia amministrativa ai danni del Csm. Insomma siamo al surreale.
La decisione della perquisizione nasce dalla lettura di una informativa redatta dalla Digos il 9 febbraio scorso di cui non si conosce il contenuto. La difesa di Persichetti ha presentato ricorso al Riesame anche per poter prendere visione delle carte. La sensazione è proprio quella della procura romana pronta a proseguire l’opera della fu commissione parlamentare. E con lo sguardo rivolto alla vicenda dei nove nonnini di Parigi di cui l’Italia ha chiesto l’estradizione. Il tentativo è quello di far sapere ai cugini d’Oltralpe che l’argomento “terrorismo” in Italia è ancora “caldo” al punto che si continua a indagare.
Il materiale “riservato” della commissione è la scusa per tenere sotto scacco chiunque avversi ricostruzioni dietrologiche nonostante queste non abbiano trovato riscontro in tonnellate di atti processuali dove persino dissociati e pentiti sostengono che dietro le Br c’erano solo le Br. Purtroppo in testa alla lista di chi chiede che si trovi “la verità” c’è il Capo dello Stato che è anche presidente del Csm e avrebbe in quella veste temi più attuali di cui occuparsi. “Ungheria”, nel senso di Piero Amara e non di improbabili archivi dell’Est da aprire, in realtà da tempo finiti in mano all’Ovest. E ci fosse stato un nesso con le Br sarebbe finito da tempo immemore in titoli a nove colonne.
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