L’ambasciatore italiano in Egitto resterà al Cairo. Nessun ripensamento dopo le proteste e gli scontri con Roma per il caso Giulio Regeni, il ricercatore friulano scomparso e ritrovato morto a seguito di violente torture nel Paese arabo nel 2016. A farlo sapere è Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, in audizione davanti alla commissione d’inchiesta sul caso alla Camera. Eppure Erasmo Palazzotto, Presidente della Commissione, lo scorso 2 luglio aveva riportato come dopo la videoconferenza tra magistrati egiziani e italiani, “non abbiamo motivo di essere fiduciosi perché fino ad ora da parte egiziana sono arrivati soltanto tentativi di depistaggio e di coprire la verità”.

“Ogni critica” da parte della famiglia Regeni “è legittima e comprensibile e deve essere una spinta” per il governo, ha detto Di Maio. Che ha sottolineato anche come sia necessario che l’ambasciatore resti al Cairo. “È fuorviante credere che avere un nostro ambasciatore al Cairo significhi non perseguire la verità e viceversa è fuorviante pensare che ritirarlo sia necessario per arrivare alla verità”, ha continuato Di Maio facendo presente che la presenza dell’ambasciatore “rientra nella strategia dell’esecutivo” come una sorta di strumento di pressione anche per altre situazioni. E il riferimento è chiaramente a Patrick Zaky, detenuto da febbraio con l’accusa di propaganda sovversiva al Cairo.

Il ministro ha quindi assicurato il massimo impegno nella questione e ribadito che “l’autorità politica e la diplomazia continuano ad impegnarsi per pervenire alla verità, verità che dobbiamo alla memoria di Giulio Regeni, alla famiglia e a tutta l’Italia. La vicenda Regeni è una ferita aperta per tutto il paese”. Tuttavia i genitori del ricercatore, dopo l’incontro fallimentare tra le procure avevano già evidenziato come “nonostante le continue promesse non c’è stata da parte egiziana nessuna reale collaborazione, solo depistaggi, silenzi, bugie ed estenuanti rinvii. Il tempo della pazienza e della fiducia è ormai scaduto” e avevano quindi chiesto il ritiro dell’ambasciatore dal Cairo.

Di Maio nel corso dell’audizione ha anticipato una telefonata nei prossimi giorni con il collega egiziano Sameh Shoukry e ha sottolineato come le relazioni e la cooperazione economica rispetto al passato siano depotenziate. Resta tuttavia la questione della vendita delle armi al Cairo, sulle quali il governo “ha dato l’autorizzazione a negoziare”. Una commessa, da 11 miliardi di euro, che comprende due fregate Fremm, quattro navi, 20 pattugliatori, 24 caccia, 20 aerei addestratori M-346 e che potrebbe essere la più grande del dopoguerra.

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