Le piccole contraddizioni
Caso Toti, sinistra e Cinque Stelle preparano il banchetto: il processo alla politica e l’autunno caldo che attende la Liguria
Giovanni Toti da ieri è un uomo libero. Se la gip Paola Faggioni lo scarcera perché, con le sue dimissioni da presidente della Regione Liguria, si sarebbero solo “affievolite” le esigenze cautelari, lui accusa senza peli sulla lingua il fatto che in questi tre mesi, dal suo arresto, si è fatto un “processo alla politica”. Ma Toti intanto il vero voto di scambio ha dovuto farlo con un bel pezzo di magistratura genovese, gli uomini della procura guidata da Nicola Piacente, con un aggiunto e due pm, oltre a quattro giudici, la gip e i tre del riesame.
Il passato lasciato alle spalle
Tutti coloro che in questi tre mesi si sono occupati di lui e hanno occupato la sua vita, dopo averla vivisezionata in circa quattro anni di indagini e di intercettazioni. Ieri, subito dopo le 12.30, ora in cui la Guardia di finanza ha bussato alla sua porta, nel villino di famiglia di Ameglia, questa volta per scarcerarlo, è apparsa la sua penna di giornalista e di politico su Facebook. Non un grido di dolore né di gioia, ma un vero ragionamento politico, che si conclude con un appello. “Mi sono dimesso -scrive- richiamando tutti voi al voto, perché ora tocca ai cittadini decidere invece la sorte della nostra terra: andare avanti con la Liguria protagonista che abbiamo costruito, o consegnarla alla cappa grigia dell’ipocrisia, della cultura del sospetto, dell’immobilismo, della doppia morale capace di oscurare già in questi giorni anche il fulgido sole di agosto. Sarebbe un futuro che, se possibile, appare già peggio del passato che ci siamo lasciati alle spalle”.
La mossa di Spinelli
Il riferimento esplicito va alle forze politiche di opposizione in regione, anche con un pizzico di ironia su quella piazza non proprio piena della sinistra che ha manifestato contro di lui mentre era detenuto. Ma è chiaro che ha colpito anche la tenaglia che ha accostato l’intervento della magistratura alla mano lesta di Aldo Spinelli, da sempre gauchiste ma anche abile giocoliere della finanza, che ha scelto come proprio successore in azienda un uomo del Pd molto vicino alle toghe. Parole come ipocrisia, sospetto e doppia morale sembrano l’intestazione di quel palazzo che una volta risiedeva in via delle Botteghe Oscure e a Genova è, ovviamente, in via XX Settembre. Ci sarebbe voluta la mano della Guardia di finanza con i suoi intercettatori, in questi giorni, per sentire, e magari sbattere sui giornali come d’abitudine, che cosa si siano realmente detti David Ermini, neo presidente della holding Spininvest, prima con Andrea Orlando e poi con Stefano Bonaccini, presidente del Pd.
I giochetti della sinistra
L’Orlando furioso, con i denti nel collo di grillini variamente travestiti, voleva che l’ex vice presidente del Csm mollasse l’osso per non creargli turbolenze nella candidatura e la costruzione del campo largo, già complicato dal fatto che a Genova Italia Viva è nella giunta del sindaco Marco Bucci, alleato di Toti. Ma il Bonaccini già governatore di un’Emilia Romagna in cui il Pd sta ben stretto ai suoi imprenditori e alle sue aziende, si è ben guardato dal perdere l’occasione di mettere le mani sul porto di Genova. Così ha trovato la mediazione che mediazione non è. Ermini lascerà il posto nella direzione del partito, tanto è una carica che si potrà sempre riacciuffare una volta che la buriana sarà passata. È un posto che nessuno può portargli via, neanche fosse una carica elettiva come quella di presidente di una Regione. Sono giochetti, tutti questi, cui la sinistra è abituata e che le riescono sempre benissimo. Con i piedi vado in piazza a manifestare, così faccio contenta la base del partito. E con le mani prendo quel che è utile.
La consulenza
Il trionfo dell’ipocrisia e della doppia morale, appunto. E del resto lo stesso Aldo Spinelli non è nuovo a operazioni politiche capaci di giocare su più tavoli e che tentano di coinvolgere anche la magistratura, o i singoli magistrati. Già nel 2022 aveva affidato una consulenza, sempre su faccende che riguardavano il porto di Genova, all’ex procuratore del capoluogo ligure Francesco Cozzi, nel frattempo andato in pensione e divenuto avvocato. Diciannovemila euro per un parere orale, come ha confermato l’ex magistrato ai suoi colleghi che lo hanno sentito come persona informata sui fatti. E l’avvocato Alessandro Vaccaro, difensore dei due Spinelli, Aldo e il figlio Roberto, ambedue indagati, ha rivendicato l’individuazione di David Ermini come “scelta di cambiamento” finalizzata a dare un segnale ai magistrati. Nessun imbarazzo, evidentemente, rispetto al fatto che proprio l’avvocato toscano fosse il vicepresidente del Csm che nominò al vertice della procura di Genova quel Nicola Piacente che è il capo delle indagini che riguardano, insieme a Giovanni Toti, proprio i due Spinelli e l’azienda che è ormai presieduta da Ermini.
Il porto, l’antipasto del banchetto
Ma queste sono solo piccole contraddizioni. Nulla a che fare con l’enormità delle accuse nei confronti della giunta di centrodestra. A ciascuno il suo, a qualcuno la privazione della libertà, a qualcun altro il porto. Ma il porto sarà solo l’antipasto del banchetto che la sinistra e i cinquestelle sperano di allestire il 27 e 28 ottobre alle elezioni regionali liguri? Giovanni Toti nel suo messaggio su Facebook ha rivendicato il primato della politica. I magistrati interpretano le leggi, ma si ricordino che sono i politici a farle. E l’autonomia della politica è importante almeno quanto quella della magistratura. E quel che è accaduto in questi tre mesi è stato “un processo alla politica”, perché ogni suo atto, quello di un amministratore che non si è messo un euro in tasca, è sempre e solo stato improntato alla politica del buon governo per i suoi cittadini. Sembra di nuovo pronto alla lotta. Sarà un bell’autunno, tra elezioni e processo, quello ligure. Bello caldo.
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