A distanza di 16 anni dall’ultimo attentato e a 13 dall’archiviazione del fascicolo, la magistratura riaprirà le indagini sul caso di Unabomber, l’uomo ancora oggi coperto dal mistero che tra il 1994 e il 2006 si rese responsabile di una lunga serie di 28 attacchi dinamitardi tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, con ordigni improvvisati piazzati in luoghi pubblici o aperti, spesso colpendo bambini, nascondendo l’esplosivo in oggetti come candele, uova o tubi.
Ad occuparsi nuovamente del caso sarà la Procura di Trieste, come scrivono stamani i quotidiani Il Piccolo e Messaggero Veneto. La svolta è arrivata grazie all’inchiesta portata avanti dal giornalista Marco Maisano, autore di un podcast sulla vicenda, e da due donne vittime di Unabomber, Francesca Girardi e Greta Momesso.
A confermare la riapertura del caso è stato il procuratore capo Antonio De Nicolo, che ha accolto la richiesta di Maisano: i titolari del fascicolo saranno lo stesso De Nicolo e il pm Federico Frezza, ultimo pm a essersi occupato di Unabomber. Il reato ipotizzato, scrive il Corriere della Sera, è attentato con finalità di terrorismo, lo stesso che allora legava i 28 ordigni piazzati dal 1994 al 2006.
Il ‘là’ alla riapertura del fascicolo l’ha dato il lavoro di inchiesta fatto da Maisano: visionati i reperti del caso, custoditi al porto di Trieste, ha trovato un capello bianco su un uovo inesploso che era stato acquistato da un uomo di Azzano Decimo al supermercato Continente di Portogruaro nel 2000 e due capelli e peli repertati recuperando un ordigno inesploso trovato in un vigneto, a San Stino di Livenza.
Visti i progressi fatti dalla scienza, è l’ipotesi di Maisano e ora della Procura, da quel materiale grazie a nuovi esami del Dna si potrebbero ricavare nuovi importanti indizi per individuare finalmente Unabomber. “Verificheremo se da tutto il materiale organico allora repertato è stato estratto o meno il Dna – ha anticipato De Nicolo al Piccolo – È possibile che in alcuni casi, con i metodi utilizzati allora, non fosse ritenuto estraibile, mentre con quelle attuali magari sì. Quindi dobbiamo constatare se c’è del materiale utilmente sottoponibile a indagini genetiche”.
Nell’inchiesta Unabomber il principale sospettato fu a lungo Elvo Zornitta, ingegnere bellunese: la sua posizione venne archiviata solamente nel 2016, quando la Procura di Trieste scoprì che la “prova regina” contro di lui, un lamierino trovato in un oggetto inesploso attribuito a Unabomber, era stata manomessa da un ispettore esperto in balistica delegato alle indagini, Ezio Zernar, poi condannato in via definitiva.
Per quelle indagini errate, che gli rovinarono la vita, Zornitta si è visto riconoscere un risarcimento di 300mila euro da parte dello Stato, cifra ritenuta troppo bassa dall’ingegnere che ha presentato per questo ricorso.
“Anch’io sono vittima di Unabomber. Non sono rimasto mutilato fisicamente, ma le ferite dell’inchiesta che mi ha travolto sanguinano ancora”, ha commentato a Il Piccolo Zornitta dopo la riapertura delle indagini.
Quanto alla nuova inchiesta, spiega invece il suo avvocato difensore Maurizio Paniz: “Sono felicissimo che riaprano le indagini perché spero che così possano finalmente svanire anche gli ultimi sospetti sul mio cliente — spiega il legale — Al tempo stesso mi sembra però difficile che possano scoprire nuovi indizi: i reperti erano stati passati tutti al setaccio dal Ris e da tre procure”. Quanto a possibile nuove indagini su Zornitta, l’avvocato sottolinea che in linea teorica potrebbe finire di nuovo sotto inchiesta, “ma non per il fatto oggetto del precedente procedimento, cioè per l’ordigno del lamierino, dove c’è un giudicato insuperabile”.