Il pericolo sottovalutato
Cecilia Sala, esplode il caso Aise dopo l’intervista di Mancini: “Martedì 31 l’agenzia ha fatto mezza giornata”. Piantedosi: “Niente congetture”
Proprio come nei ministeri, per il giorno di Capodanno sarebbero andati tutti a casa prima: l’emergenza della giornalista può attendere. E sì che gli analisti avevano avvertito
Le dichiarazioni di Marco Mancini, pubblicate dal Riformista alla vigilia di Capodanno, hanno fatto centro. Le tantissime reazioni, le riprese delle agenzie e il dibattito rilanciato, tra gli altri, dalla diffusione in rete di Dagospia, danno la misura dell’interesse sulla vicenda Aise-Sala. Secondo Mancini, a lungo ai vertici del Dis e dell’Aise, errori e ritardi nella catena di prevenzione dell’intelligence non avrebbero fatto nulla per evitare il carcere a Cecilia Sala. Se la prassi dello scambio di prigionieri da parte dell’Iran è ormai consolidata, ci sarebbe stata – sostiene Mancini – una qualche leggerezza di troppo. Quando le autorità italiane hanno saputo di dover arrestare una probabile spia iraniana all’aeroporto della Malpensa, avrebbero dovuto agire in tutta fretta per mettere al sicuro l’inviata. Cosa che non risulta essere stata fatta, se è vero che l’iraniano Abedini viene arrestato il 16 e la Sala il 19, tre giorni dopo. «In quei tre giorni bisognava fare di tutto per esfiltrarla, per metterla al sicuro anche con un volo privato per Baghdad o la Turchia», sottolinea l’ex dirigente dell’intelligence.
Le dichiarazioni di Piantedosi
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un’intervista a La Stampa solleva la sua paletta: «Non è il momento di fare congetture né è opportuno farle». Il titolare del Viminale frena le analisi ma le arricchisce di un elemento non indifferente. «La riservatezza – ha proseguito il ministro – è uno degli elementi fondamentali per arrivare al risultato che tutti noi desideriamo: il suo ritorno a casa. Il ministero degli Esteri e l’intelligence stanno lavorando per ottenere la sua liberazione e confidiamo di poterci riuscire il prima possibile». Qui Piantedosi mette l’accento sull’intelligence, chiarendo come gli organismi siano al lavoro.
Mezza giornata di lavoro in meno
«Martedì 31 però l’agenzia ha fatto mezza giornata», dice una fonte interna, dopo averlo letto, al Riformista. Proprio come nei ministeri, per il giorno di Capodanno sarebbero andati tutti a casa prima. L’emergenza-Sala può attendere. Non è così per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che un minuto dopo aver iniziato il suo discorso di fine anno parla – eccome – di Cecilia Sala. Da riportare a casa subito. «La nostra connazionale – il punto sostenuto con noi da Marco Mancini – aveva già svolto attività a favore delle donne iraniane, si era già esposta. Era attenzionata dai pasdaran, lo dico per esperienza: era certamente già un target. Quando ha chiesto il visto di ingresso come giornalista, la richiesta di visto è andata direttamente alla sezione dei pasdaran che controllano chi lavora contro il governo iraniano. In quella sede nascono tutti gli arresti-sequestri del regime. E l’hanno sicuramente messa nel mirino. Queste cose però non devo dirle io oggi al Riformista, dovevano dirle per tempo gli organismi preposti alla sicurezza dei nostri connazionali».
Le evidenze del pericolo
E sì che gli analisti avevano avvertito, perfino pubblicamente, delle evidenze del pericolo che correva la giornalista in Iran. Il 17 dicembre, prima del fermo della Sala, Gabriele Carrer, avveduto analista di Formiche, precisava: «L’arresto in Italia e la richiesta di estradizione delle autorità americane hanno fatto alzare la guardia sulla situazione degli italiani e degli italo-iraniani in Iran e di quelli intenzionati a viaggiare nel paese. Si teme che Teheran possa reagire prendendoli in ostaggio per mettere pressione all’Italia chiamata a decidere sull’estradizione negli Stati Uniti». Su Start Magazine veniva pubblicato ieri pomeriggio, a firma di Luigi Pereira, il racconto su un cenone di Capodanno in cui si parlava di Caravelli: «Quello che la barba finta a San Silvestro ci ha detto in camera caritatis? I concetti erano spesso fumosi, citava sovente persone mai sentite prima da me e usava nomignoli a me incomprensibili per identificare alcune personalità, ma ho afferrato il concetto chiave: ci sarebbe in corso una competizione latente – con ramificazioni nei giornali vicini ad ambienti dell’intelligence e tra i cronisti che seguono le vicende dei Servizi – fra una squadra che sostiene l’ascesa del numero uno dell’Aise, Giovanni Caravelli, al Dis al posto di Belloni, che sarebbe nominata ad altro incarico, e un’altra squadra che lavora in diversa direzione». Noi di queste squadre di sostenitori non facciamo parte. Ci limitiamo al nostro mestiere di cronisti, facciamo domande aperte e trasparenti: si poteva, si doveva fare qualcosa di più di quanto si è fatto per evitare, prevenire, scongiurare la cattura di Cecilia Sala da parte dei pasdaran?
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