Esteri
Charlie Hebdo, a cinque anni dalla strage tra ricordo e polemiche
Il 7 gennaio 2015 la Francia si è svegliata con un terribile attacco terroristico ai danni della redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi. Due uomini mascherati e armati di Kalashnikov fanno irruzione nella sede di Charlie Hebdo, conosciuto come un giornale dallo spirito particolarmente caustico già finito nel mirino degli integralisti islamici. Nell’assalto ad opera dei fratelli jihadisti Cherif e Said Kouachi persero la vita 12 persone, decimando così la redazione. Tra le vittime ci furono anche firme popolarissime come Charb e Wolinski. Quarantotto ore dopo la caccia all’uomo si concluse in una tipografia dove i Kouachi furono uccisi dalle forze speciali. Nelle stesse ore un loro complice, Amedy Coulibaly, colpì la comunità ebraica prendendo degli ostaggi in un supermercato alle porte della capitale dove furono uccide quattro persone. Il giorno prima a sud di Parigi aveva già ucciso una poliziotta.
Non sono il Paese transalpino ma anche tutta l’Europa si unì alla solidarietà nei confronti della libertà di espressione e della redazione facendo diventare virale l’hashtag #JesuisCharlie. Anche sul fumetto Topolino lo slogan è apparso in segno di supporto al tragico episodio. L’11 gennaio 2 milioni di persone a Parigi e 3 milioni e mezzo di persone in tutta la Francia scendono in piazza per condannare l’attentato.
IL RICORDO E LE POLEMICHE – A cinque anni di distanza la Francia ricorda l’attentato che diede il via a una lunga serie nera, culminata pochi mesi dopo nella strage dei bistrot parigini e del Bataclan. Il direttore di Charlie Hebdo, Laurent Sourisseau in arte Riss, ha dedicato un editoriale commemorativo alla strage scrivendo: “Ieri dicevamo ‘merde’ a Dio, all’esercito, alla Chiesa, allo Stato. Oggi, bisogna imparare a dire ‘merde’ alle associazioni tiranniche, alle minoranze narcisistiche, ai bloggers che ci bacchettano come maestrine. Oggi, il politicamente corretto ci impone ortografia di genere, ci sconsiglia di usare parole che potrebbero disturbare”. Riss si è anche espresso sul supporto ricevuto dalle persone e dalla rete sottolineando però che “lo slogan Je suis Charlie era fondato su un equivoco. Molti si sono accorti di volerci sostenere come vittime del terrorismo, ma non come giornale”.
Nel quinto anniversario della strage oggi a Parigi ci sono state le commemorazioni con la presenza della sindaca della capitale francese Anne Hidalgo e dell’ex presidente Francois Hollande, che hanno deposto corone di fiori davanti agli uffici del giornale e hanno osservato un momento di silenzio. Presenti anche i ministri dell’Interno e della Giustizia.
In occasione della ricorrenza anche il web ha memoria non soltanto dell’attentato ma anche della reazione con il lancio del famoso hashtag, perpetrato ovunque e nel corso del tempo. Ma in particolar modo gli italiani hanno anche memoria della vignetta provocatoria che Charlie Hebdo ha dedicato all’Italia in occasione del crollo del Ponte Morandi a Genova e del terremoto di Amatrice. Da qui è nata una polemica social sul senso di sostenere un giornale satirico che giocasse in maniera così provocativa e magari anche irrispettosa nei confronti dei morti causati dalle tragedie. Inoltre, il web ricorda anche le dichiarazioni rilasciate da Papa Francesco sulla tragica vicenda. Bergoglio si espresse in merito condannando la violenza ma affermando che non si deve offendere: “Perché è vero che non si può reagire violentemente. Ma se il dottor Gasbarri (responsabile dell’organizzazione dei viaggi del Papa) che è un mio grande amico, dice una parolaccia contro la mia mamma gli aspetta un pugno. È normale”.
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