Aiden Aislin era rimasto sconvolto dalle atrocità commesse dal sedicente Stato Islamico e si era arruolato, in Siria, al fianco dei curdi siriani in lotta contro i fondamentalisti islamici. Era il 2015. È stato condannato a morte nell’autoproclamata Repubblica filorussa del Donetsk, dov’era arrivato per seguire la donna che doveva diventare sua moglie quest’estate. Aislin è tra i tre condannati a morte dei filorussi del Donbass, accusati di aver tentato di destituire violentemente il potere, di attività mercenarie e terrorismo.

Condannati con lui l’altro britannico Shaun Pinner e il marocchino Saaudun Brahim. Combattevano nelle forze ucraine. Il 28enne usava il nome di battaglia “Cosacco Gundi” e nei mesi scorsi era diventato una specie di punto di riferimenti sui social dove raccontava fasi anche molto critiche del conflitto ucraino. “Se state guardando questo video significa che ci siamo arresi. Abbiamo esaurito tutte le nostre risorse, siamo senza cibo e munizioni”, diceva in un video dall’acciaieria Azovstal a Mariupol. Il caso sta scatenando nuove tensioni tra Kiev e Londra.

Quando nel 2015 Aiden decise di arruolarsi e partire per la Siria non aveva alcuna esperienza militare. Originario di Newark, nel Nottinghamshire, era rimasto in Medio Oriente, al fianco dei curdi, fino al 2017. Al ritorno in patria era stato incriminato per terrorismo. Le accuse erano state lasciate cadere anche grazie a una campagna di sensibilizzazione. Era arrivato in Ucraina nel 2018, a Mykolaiv, dopo che in un viaggio aveva incontrato la sua fidanzata ucraina. La coppia si sarebbe dovuta sposare quest’estate. Il 28enne si era arruolato nella 36esima brigata dei marines di Kiev – secondo i familiari perché aveva difficoltà a trovare lavoro in patria – quella che ha resistito nelle acciaierie Azovstal.

Dopo l’arresto è stato esibito alla tv russa, definito mercenario, mostrato insanguinato e ferito. “Prego Dio che il popolo del Donbass mi perdoni per le mie azioni e veda che sono stato ingannato. Chi di spada ferisce di spada perisce”, la confessione resa e mostrata in Russia sulla cui spontaneità sono stati sollevati forti dubbi da media e osservatori internazionali. Mosca ha definito “isterica” la reazione di Londra alle condanne a morte. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha dichiarato che la pena è stata decisa in base alle leggi della Repubblica popolare di Donetsk e che Mosca non interferirà nel sistema giudiziario dell’autoproclamata Repubblica del Donbass. Preoccupazione per le condanne era stata espressa anche dalla portavoce dell’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite Ravina Shamdasani. “Non dovrebbero essere considerati mercenari”, ha detto visto che facevano parte dell’esercito ucraino.

Il ministro di Stato Robin Walker ha parlato di “un tribunale illegale in un processo-farsa” e chiarito che Londra userà “ogni canale diplomatico per ribadire che questi sono prigionieri di guerra che dovrebbero essere trattati di conseguenza”. La Russia, ha affermato Walker, “deve assumersi la responsabilità, secondo la convenzione di Ginevra, del trattamento dei prigionieri di guerra”. Il premier Boris Johnson si è detto “profondamente preoccupato” dalla vicenda. Il presidente della Commissione Esteri di Westminster Tom Tugendhat, veterano dell’Afghanistan: “Questo non è uno Stato, questo non è un tribunale e i giudici sono solo persone travestite. La realtà è che si tratta di una cosa assolutamente brutale”. La famiglia del giovane ha dichiarato che “lui e Shaun (l’altro britannico), come membri delle forze ucraine, dovrebbero essere trattati con rispetto come ogni altro prigioniero di guerra. Non sono e non sono mai stati mercenari”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.