Un rapporto che dura dalla fine degli anni '90
Chi è Antonio Capuano, il regista napoletano celebrato da Paolo Sorrentino nel suo film “È stata la mano di Dio”
Paolo Sorrentino non ha celebrato soltanto Diego Armando Maradona – o la sua attesa, la sua aura, il suo ascendente sulla vita delle persone – nel suo ultimo film, largamente ispirato a vicende autobiografiche È stato la mano di Dio. Altro personaggio che emerge, imponente e autentico, nella pellicola arrivata in sala ieri e dal 15 dicembre su Netflix è il regista napoletano Antonio Capuano. Un punto di riferimento nella carriera del regista napoletano Premio Oscar.
Capuano è interpretato nel film dall’attore Ciro Capano. Regista e scenografo, classe 1940, è stato anche autore teatrale, televisivo e cinematografico. È titolare della cattedra di Scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Il suo esordio nel cinema nel 1991 con il lungometraggio Vito e gli altri: quella storia di ragazzi di vita che vivono in strada a Napoli vinse l’ottava edizione della Settimana Internazionale della Critica al Festival di Venezia.
Il successo arrivò nel 1996 con il film Pianese Nunzio, 12 anni a maggio sulla storia di un giovane chierichetto molestato dal parroco della sua chiesa. Luna Rossa, del 2001, gli valse la Nomination al Leone d’Oro alla 58esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. La Guerra di Milano del 2005 si aggiudicò il Premio dei critici al David di Donatello. L’ultimo suo film è del 2020, Il buco in testa. Capuano ha spiegato l’anno scorso in un’intervista a Repubblica Napoli di essere al lavoro sulla “storia di quel ragazzino ucciso a 15 anni, mentre faceva la rapina con una pistola giocattolo, non è possibile”.
Il rapporto tra Capuano e Sorrentino dura dalla fine degli anni ’90. Capuano chiese all’allora 28enne Sorrentino di scrivere con lui la sceneggiatura del suo Polvere di Napoli. “Antonio non è accomodante, non ti lusinga, e questo mi è stato di un’utilità incredibile – ha spiegato all’Ansa.it il regista nell’apertura di una retrospettiva al Cinema Troisi a Roma a inizio novembre – Il rapporto tra noi è basato sul conflitto e lo trovo molto bello e sano. Ad esempio quando tentavo di fare il mio primo film, L’uomo in più, e gli raccontavo qualche scena che avevo in mente non gli andava bene nulla. Aveva anche ragione, perché dicevo le classiche ingenuità di un aspirante regista. È stato importantissimo e fondamentale per me, perché non è facile trovare persone senza peli sulla lingua come lui. Antonio mette alla prova la tua forza e la tua capacità di reazione”.
Sorrentino ha anche spiegato il suo personaggio, ispirato ad Antonio Capuano, in È stata la mano di Dio: “L’ho un po’ reinventato, ho cercato di rappresentarlo, non so quanto ci sia riuscito. Non era importante fare la copia di Capuano ma rendere il modo in cui lo percepisco e lo ricordo”. Capuano ha commentato come fosse proprio questa “la cosa giusta da fare”. Il regista si è detto anche sorpreso da È stata la mano di Dio: “Non mi aspettavo che Paolo facesse un film così reale, sui posti e le persone che hanno segnato il suo itinerario … magari l’avrei dovuto scrivere con lui”.
È stata la mano di Dio è stato presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il film è stato designato per l’Italia a concorrere alla selezione per l’Oscar per il miglior film internazionale. Sta riscuotendo un ottimo riscontro sia nel pubblico che nella critica. La scena del dialogo di Fabietto, interpretato da Filippo Scotti e ispirato al giovane Sorrentino, con Antonio Capuano è tra le più profonde e decisive nel percorso psicologico e personale del protagonista.
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