Filippo Scotti è l’attore che presta il volto a Fabio, che tutti chiamano “Fabietto”, nel film È stata la mano di Dio del regista Paolo Sorrentino. Un personaggio ispirato allo stesso regista, un alter ego. Scotti ha 21 anni. Dice che lavorare con Sorrentino lo ha cambiato, gli ha cambiato la vita. Il film è stato presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. È nelle sale dal 24 novembre e sarà su Netflix dal 15 dicembre. Sta riscuotendo un grande successo di pubblico e critica.

Il film è stato designato per l’Italia a concorrere alla selezione per l’Oscar per il miglior film internazionale. Scotti, a Esquire, ha raccontato così il suo primo incontro con il regista Premio Oscar: “È stato gentile; mi ha offerto un caffè e un cornetto. E poi, solo dopo, abbiamo cominciato a lavorare”. L’attore è nato a Gravedona in provincia di Como. Figlio di insegnanti. “A scuola ero quello che andava male e che voleva fare teatro. Oggi sono quello che ha fatto bene a fare teatro e a insistere. Si riduce tutto alla perseveranza, come dice Marchino, il personaggio di Marlon Jubert”, ha detto a Esquire.

Scotti ha cominciato la sua carriera da attore nel 2010 iscrivendosi a corsi e laboratori teatrali a Napoli. Ha debuttato da protagonista nello spettacolo Il Marchese di Collino di Patrizia Di Martino. Ha recitato in diversi cortometraggi. “Passai i primi anni del liceo – il liceo classico a Napoli, dove la mia famiglia si trasferì dalla provincia di Como quando ero bambino – in una condizione simile a quella di Fabietto. Non è che non avessi amici, però preferivo la solitudine, temevo l’incomprensione e avevo difficoltà a scuola. Metaforicamente parlando, mi sentivo costretto in uno spazio angusto”, ha detto a Vanity Fair.

Il primo ruolo, seppur piccolo, di spessore nella serie televisiva 1994, sugli anni di Mani Pulite, nata da un’idea dell’attore Stefano Accorsi. Due anni dopo ha lavorato alla serie tv Netflix Luna Nera e nel film Il re muore. Quello in È stata la mano di Dio è il suo primo ruolo di protagonista: un debutto incandescente. Per la sua performance ha vinto il Premio Marcello Mastroianni alla 78esima Mostra Internazionale di Venezia.

Così, ha rivelato a Vanity Fair, ha costruito la sua interpretazione: “Ho passato l’estate prima delle riprese da solo, ho chiesto alla mia famiglia di partire e di lasciarmi a casa per costruire un qualcosa che non avevo chiaro nella testa. Poi, ho cercato da subito di instaurare un rapporto di intimità non forzata con Paolo. Lui mi ha suggerito alcuni film da guardare, come L’uomo che amava le donne di François Truffaut, le canzoni degli anni ’80 da ascoltare, tipo quelle dei Talking Heads, degli U2 e dei Cure”.

La storia di Paolo Sorrentino

Sorrentino ha raccontato anni fa così al giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo la sua tragedia familiare: “A me Maradona ha salvato la vita. Da due anni chiedevo a mio padre di poter seguire il Napoli in trasferta, anziché passare il week end in montagna, nella casetta di famiglia a Roccaraso; ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo. Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire: Empoli-Napoli”. Il giorno dopo Sorrentino tornò nella nella casa di città quando all’improvviso squillò il citofono. Il futuro regista pensava fosse l’amico passato a prenderlo ma era il portiere. “Mi avvertì che era successo un incidente… papà e mamma erano morti nel sonno. Per colpa di una stufa. Avvelenati dal monossido di carbonio”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.