“Non abbiamo attaccato l’Ucraina”, ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, nel punto stampa a margine del vertice con l’omologo ucraino Dmytro Kuleba. “In Ucraina si è verificata una situazione che ha creato una minaccia a Mosca, abbiamo fatto vari appelli ma nessuno ci ha ascoltato”. La Russia non ha attaccato l’Ucraina, dunque, e infatti Mosca aveva vietato ai media di utilizzare le parole “guerra” e “invasione” appena prima che la Duma aumentasse fino a 15 anni la pena per chi riporta quelle che il Cremlino considera fake news.

Lavrov, hanno scritto media e osservatori internazionali, sarebbe stato contrario all’invasione. Dopo essere stato poco presente nella primissima fase dell’operazione per “smilitarizzare” e “denazificare” l’Ucraina, come da propaganda del Presidente Vladimir Putin, il ministro sta diventando sempre più protagonista dell’escalation – l’incontro di ieri ad Antalya, in Turchia, con Kuleba rappresenta il vertice di più alto livello tra Kiev e Mosca dall’esplosione delle ostilità.

Lavrov è tra i diplomatici più navigati al mondo. Da anni gioca a fasi alterne i ruoli del falco e della colomba del Presidente Putin. Ha 72 anni ed è entrato in carriera nel 1971. Erede della scuola diplomatica sovietica, si è laureato al prestigioso MGIMO, l’Istituto di Relazioni Internazionali dell’Università di Mosca. Parla perfettamente inglese, francese e singalese. Proprio in Sri Lanka ebbe il suo primo incarico all’estero.

Ha ereditato da Andreij Gromyko, ministro – che era stato a sua volta vice di Viaceslav Molotov, agli Esteri ai tempi di Josip Stalin – di cui fu vice quando arrivò allo Smolensky, la sede del ministero degli Esteri russo, il soprannome di “Mr. Nyet”, signor no. Lavrov è stato per dieci anni ambasciatori alle Nazioni Unite. Prima aveva ricoperto il ruolo di segretario nella sezione per le relazioni economiche internazionali dell’Unione sovietica. Ha definito il periodo attuale – con la ripartenza dopo il tracollo dell’URSS e l’era Yeltsin, la crisi in Ucraina, il conflitto in Siria, quello in Libia – come più complesso dell’ultima fase della Guerra Fredda. È al ministero dal 2004 – i suoi omologhi cambiano, passano, e lui resta.

Grande fumatore, appassionato di rafting e giocatore di calcio – è tifoso accanito dello Spartak Mosca -, amante del whiskey e della poesia. Lavrov scrive versi suoi, alcuni perfino pubblicati sulla rivista letteraria Russkij Pioner. “Non c’è più questo Paese, ma un po’ d’orgoglio rimane. Ora è tempo di tornare a casa”, recita uno dei suoi componimenti più famosi e più citati, per ovvi motivi. “Non abbiamo in programma di attaccare altri Paesi, non abbiamo nemmeno attaccato l’Ucraina”, ha osservato nella sua conferenza stampa di ieri al Regnum Carya Hotel di Antalya. Già nel 2015 alla Conferenza di Monaco, dopo l’annessione della Crimea, aveva dichiarato che la Russia non aveva fatto nulla di illegale.

Paolo Gentiloni, ex Presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, lo ha definito “sornione e spiritoso […] l’uomo più intelligente mai conosciuto”. Si legge su Linkiesta che “il suo atteggiamento pare averlo reso quasi un outsider nel governo russo, ai margini della cerchia di Putin. Oltre al danno anche la beffa: è sembrato ancora più debole politicamente quando, la settimana scorsa, la maggior parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha disertato la sala mentre Lavrov cercava di difendere l’invasione della Russia durante un collegamento video”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.