L'incontro e il matrimonio
Chi è la moglie di Piero Angela, la storia d’amore con Margherita Pastore lunga 65 anni e i figli Alberto e Christine

Una lunga storia d’amore: lunga 65 anni. Piero Angela e Margherita Pastore, una coppia d’altri tempi, eleganza e romanticismo, un amore da altri tempi. Lei che ballava alla Scala, lui che al primo incontro suona il pianoforte per lei e scatta qualcosa. È morto oggi, a 93 anni, il divulgatore scientifico più amato dagli italiani che con la moglie ha avuto due figli.
Si erano conosciuto alla festa di un’amica in comune. Lui aveva 24 anni, lei 18. Scena da commedia. Piero Angela si mise al pianoforte, suonò qualcosa. “Ho avuto un colpo di fulmine ma è accaduto in un’epoca nella quale ci si dava ancora del lei. L’ho conosciuta alla festa di un’amica, lei aveva 18 anni e io 24, mi sono messo a suonare il pianoforte e ci siamo innamorati”, aveva raccontato lui in un’intervista ad AdnKronos.
Margherita Pastore era una giovane promessa della danza classica, era una ballerina alla Scala di Milano. “Ma ho ancora un senso di colpa – disse sempre nella stessa intervista Angela – per avere interrotto, per seguirmi, la sua carriera nel mondo della musica, nel quale era una giovane promessa, però lei mi ha sempre detto di essere stata felice. Ancora oggi abbiamo, l’uno verso l’altra, molto amore e rispetto e tolleranza”.
I due si sono sposati nel 1955. Lei lo seguì a Parigi, quando lui divenne corrispondente per il telegiornale. Alberto Angela, il primo figlio, nacque proprio in Francia, nel 1962. Anni dopo la seconda figlia, Christine. Pastore è sempre stata molto riservata, restia ad apparire in pubblico. È stata per lui stimolo a costanza, come aveva raccontato in un’intervista a Oggi. “Mia moglie mi ha aiutato molto. È più di metà del mio successo. Ha rinunciato alla carriera e portato pazienza per le mie assenze. Mi ha seguito in tutte le mie peregrinazioni. Ha tirato su due figli magnifici”.
Angela nella stessa intervista raccontò di non aver mai detto ti amo alla moglie. “Sono piemontese, anche se levigato da anni all’estero e a Roma. Nel nostro dialetto non esiste il verbo “amare”: usiamo il più contegnoso vorej bin, voler bene. E non esiste neppure la parola bacio: diciamo basin, bacino. Se vale, se questo mi ‘salva’, le ho detto tante volte: T’veuj bin, ti voglio bene”.
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