La scorsa settimana, nella sua strategia di asso-piglia-tutto, Marco Travaglio ha candidato un membro del consiglio di amministrazione de Il Fatto quotidiano alla presidenza di Eni, che da sempre viene considerata braccio operativo della Farnesina, attualmente in mano a Di Maio. Lo ha fatto con la solita dinamica, attaccando Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni – per giunta l’ad è anche indagato, quindi Travaglio gioca nel campo favorevole al suo giustizialismo – e spingendo la sua pedina nel ballo delle nomine. La pedina si chiama Lucia Calvosa.
Di lei si raccontano le doti di indipendenza e capacità di esprimere le proprie posizioni. C’è da dire che i suoi sponsor sono sempre stati oggetti di cui più o meno riusciva a garantire una linea interna ai consigli di amministrazione. Romana di nascita, pisana di adozione, l’avvocata Calvosa è cavaliere della Repubblica, docente universitaria a Pisa, alla Facoltà di Economia, dove è titolare della cattedra di Diritto commerciale, e in passato ha ricoperto anche gli insegnamenti di Diritto Fallimentare, Privato e Bancario.
Cresce in una famiglia in cui si consuma l’attentato alla vita dello zio magistrato, Fedele Calvosa, procuratore della Repubblica a Frosinone, ucciso l’8 novembre 1978 dalle Formazioni Comuniste Combattenti, terroristi di sinistra.
È il 2008 quando viene nominata, su indicazione di Bankitalia, alla presidenza della Cassa di Risparmio di San Miniato (Carismi). La direzione generale a San Miniato, provincia di Pisa, di un istituto bancario che è capillarmente presente sul territorio, come punto di riferimento dell’imprenditoria del distretto del cuoio e delle pelli, per le grandi firme del fashion. Tuttavia, la sua ascesa all’antica Cassa toscana non nasce sotto una buona stella.
Il 2008 non coincide solo con la presidenza Calvosa, è infatti l’anno in cui saltano i mercati internazionali con la crisi del credito. Nonostante ciò, la banca continua a prestare soldi sul territorio, anche all’edilizia, settore che già dava i primi segni di cedimento, quasi a non leggere ciò che sta accadendo all’economia. Di fatti, neanche il cambio di vertice alla presidenza, nel 2011, per il quale Calvosa lascia il posto ad Alessandro Bandini, servirà ad evitare l’epilogo. La banca andrà incontro al commissariamento da parte del Regolatore, e dopo inutili tentativi, viene venduta a Credit Agricole con una forte mediazione di Bankitalia. Colpa della Calvosa? Evidentemente no. C’è da dire che però un presidente di una banca dovrebbe accorgersi di cosa avviene nell’economia reale del territorio e soprattutto, se leggendo i bilanci, si accorge che la banca sta iniziando a collezionare perdite deve subito cambiare il timoniere, ovvero il direttore generale.
Nel frattempo, nel febbraio 2010, viene insignita della medaglia Unesco, per la pubblicazione del suo libro, Monumenta e successivamente entra negli ambienti di ABI, l’associazione delle banche italiane, collezionando una serie di consigli di amministrazione: Telecom dal 2011 al 2018, poi Mps dal 2015 al 2017. Calvosa contribuisce poi nella gestione della crisi della cassa di Risparmio di Genova (Carige), quando nel 2018 entra nel cda con la lista del Fondo interbancario, finendo poi nella società editoriale de Il Fatto Quotidiano (Saif).
Oggi la vediamo impegnata nella battaglia Eni, dove il Pd punta a difendere i vertici uscenti, e caldeggiata dal M5s che da tempo spinge per avere per sé la casella della presidenza. Ma di tutta questa vicenda a giovarne sarebbe principalmente Travaglio, garantendosi, tramite l’avvocata, un ponte con il colosso dell’energia italiano, grande investitore nell’editoria.