Piero Chiambretti è certamente il più straordinario uomo-evento televisivo che sia comparso sul suolo spettacolare, tra i crateri, del Belpaese, e forse non solo lì, nell’ultimo quarantennio. Come munito del mitologico rostro di Gaio Duilio, Chiambretti sa conquistare l’attenzione altrui. Attraverso il proprio talento, forza del proprio sguardo, da Gatto Felix, ammiccante nel senso più alto e insieme tautologicamente giudicante della parola. Chiambretti muove sulla scena dalla certezza della propria intelligenza, spigliatezza, estro, possesso della lingua italiana fanno il resto. Chiambretti è conciso, fa domande in modo immediato, chirurgico, come fosse in possesso di un invisibile forcipe; non è, buon per noi, l’“intervistatore classico”, anzi, appare sufficientemente spietato con grazia al punto da avere inventato un proprio “teatro della crudeltà televisiva”. Non raggiunge le vette drammaturgiche di Antonin Artaud, essendo egli un Cavour che sa sempre il fatto suo. Con temperata allegrezza torinese.

Il suo scopritore, il suo ostetrico di viale Mazzini, l’altrettanto sabaudo Bruno Voglino, disse ogni bene di Piero, salvo aggiungerne le difficoltà caratteriali: le stimmate da Figlio Unico. Chiambretti è puntiglioso, centrato su se stesso, forse anche consapevole della propria intelligenza debordante; parlare ancora di dono appare più che scontato. Nella quadreria televisiva, Piero dimora, storiograficamente, accanto alle Kessler e a Walter Chiari, e a poche altre cose degne di nota. Dimenticando l’ordinario di una Carrà, è doveroso annoverarlo in uniforme di panno grigio antracite e borsa a tracolla da postino. Pronto a placcare, irrompere, anzi. Antologico l’incontro con Fellini, con Cossiga, magari anche con Carmelo Bene, non ho però ricordi esatti in proposito. In ogni caso, gli dobbiamo, una vera summa di volti incontrati, rostrati, da lui arpionati, oltre ogni possibile giornalismo. Chiambretti, dopo i giorni in Rai, è poi trasmigrato a Mediaset: salotti notturni, affrontando anche lì, come domatore in giacca rossa e alamari, un Buffalo Bill in tournée all’Acquario romano dove i butteri della Maremma affrontano i cowboy e le Calamity Jane e Toro Seduto, alcuni autentici “mostri” spettacolari. Ho provato a dirgli che la televisione si può fare anche con quattro legnetti, cioè senza sfarzo glitterato per compiacere squinzie e squinzi, ha risposto che no: Chiambretti crede in un certo sfarzo, dispendio scenografico talvolta addirittura “pompeiano”.

Amato figlio di madre poetessa, con la quale, sia detto da testimone diretto, ha nutrito un rapporto di osmosi e complicità, da coetanei. La ferita della morte di Felicita, mai nome fu più grozzaniano, il nostro più grande poeta “maledetto”, nonostante l’apparenza da pera bollita, trascinata via dalla vita dalla pandemia, è in Piero vivissima. Chiambretti, dimenticavo di dirlo, torinese, se non proprio “falso e cortese”, certamente possiede gli acidi d’ironia e sarcasmo. E, ormai su tutto, una figlia decenne che adora, riuscita a fare di lui perfino un personaggio del più sublime spirito deamicisiano. Chiambretti, in una recente intervista, spiega di non desiderare affatto di cenare con Fabio Fazio, suo compagno di strada al tempo degli esordi. Chiambretti spesso si interroga su come sia stato possibile che la patente e il porto d’armi di nuovo Pippo Mike Baudo Buongiorno sia stata concessa a quell’altro, Fazio.

La risposta che abbiamo provato a offrirgli non fa breccia nella sua corazza giustamente narcisistica, essendo l’uomo consapevole del già definito amor proprio. Fabio Fazio, nella sua sostanza curiale da nipote del monsignore, dà all’ospite sensazione di deferenza al limite dell’imbarazzata prostrazione, Chiambretti, sebbene non superi mai il limite imposto dai dettami di Monsignor della Casa, Chiambretti, dicevamo, come Mandrake, con la semplice forza dello sguardo, anzi, come in possesso degli “occhiali a raggi X” proposti un tempo dal “Monello” e dall’“Intrepido” per vedere sotto gonne e reggiseni, mostra per intero, qualora vi fosse, la mediocrità dell’altro. Questi, l’Intervistato intronato, narcisista ordinario, subito comprende di essere messo a nudo dall’Ospite Chiambretti. La televisione di un paese segnato dai cilici del catto-democristian-comunista-veltronesco, necessita invece di conduttori deferenti. Piero Chiambretti, al contrario, sebbene sia un ben pensante sabaudo – già, nessuno lo supponga “comunista” – come un evidenziatore verde ne sottolinea, con la semplice forza dello sguardo, l’inconsistenza, porgendo domande e note a margine.

Di quando, munito di fregio di latta postelegrafonico sul berretto, raggiungeva gli ospiti resta intatta la volta in cui, giunto presso i “fascisti” del non ancora emendato dall’orbace Msi, prese per il culo Gianfranco Fini, chiese perfino conto delle opere complete di Mussolini impilate nella sua stanza in via della Scrofa. Ciò non accadde invece a Rifondazione comunista: lì, chiuso in una stanza, un ottuso “compagno” del servizio d’ordine gli dette del provocatore. Come sua mamma Felicita, che non ce l’ha fatta, anche Chiambretti è stato pugnalato dalla pandemia, dandone una testimonianza struggente, di autentica umanità, e forse questo libro con la prole, ne è l’esempio più più toccante: Chiambretti. Autobiografia autorizzata dalla figlia Margherita (Sperling & Kupfer). Ne dice lui così: «Ho scritto questo libro perché l’ha voluto mia figlia Margherita, la metà della mia vita, dove si scopre il fanciullo, l’artista, l’uomo».

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Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "Quando c'era Pasolini" (2022). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube. Il suo profilo Twitter @fulvioabbate