Roberto Calasso è stato fino all’ultimo istante impegnato nel lavoro editoriale e nella scrittura come si evince dall’uscita, lo stesso giorno della sua scomparsa, di due volumi di memorie, Bobi e Memè Scianca. Oltre infatti all’attività di editore e presidente della casa editrice Adelphi, Calasso è stato anche tra i più importanti scrittori italiani dell’ultimo secolo, come testimonia la sua nutrita opera pubblicata dalla casa editrice milanese che ha contribuito a fondare con Roberto “Bobi” Bazlen e Luciano Foà.

Provare a etichettare la natura del lavoro di Calasso in maniera stringente porterebbe fuori strada, perché Calasso non è stato solo un editore né solo uno scrittore, come testimonia l’acribia con la quale è costruito il catalogo della casa editrice che spazia, sempre con estrema attenzione ed erudizione, tra la letteratura e la filosofia, la mitologia e le neuroscienze, la storia e la religione. Nel progetto di una nuova casa editrice di cui Bazlen parlò a Calasso nel 1962 c’era la pubblicazione dell’opera omnia di Nietzsche (straordinario lavoro nel quale anche Calasso ha avuto un ruolo decisivo con la traduzione di Ecce homo e la scrittura del vertiginoso saggio che lo accompagna) e un’idea decisiva, quella di pubblicare “libri unici”, quelli in cui “subito si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto”. Bazlen morirà poco dopo, nel 1965, ma Calasso continuerà a crescere grazie ai suoi insegnamenti e alla guida di Foà, divenendo una complessa e straordinaria figura letteraria in cui il lavoro di scrittore si accompagna con quello di editore e si fonde con quello del lettore erudito.

A partire dal 1971 la casa editrice sarà diretta da Calasso che sembrava aver già nella sua storia familiare il presagio di una vita a contatto con i libri: figlio del famoso giurista Francesco e di Melisenda Codignola, a sua volta figlia del pedagogista Ernesto, fondatore della casa editrice Nuova Italia, Calasso era nato a Firenze nel 1941 dove presto passerà le sue notti leggendo i libri della biblioteca di famiglia, come Cime tempestose («credo che fino allora non sapessi con esattezza che cos’è la passione – e dopo quella notte l’ho saputo»). Nel 1974 Calasso pubblica il suo primo libro, L’impuro folle, uno strano romanzo che unisce la narrazione alla riflessione psicoanalitica all’ombra dell’internamento psichiatrico di Daniel Paul Schreber (il cui diario, Memorie di un malato di nervi, con una nota di Calasso, inaugura una delle prestigiose collane adelphiane, “La collana dei casi”) e dal 1983 con La rovina di Kasch inizia a costruire la sua grande opera unica che con l’ultimo La tavoletta dei destini (2020) conta undici volumi. In questi libri confluisce l’esistenza e il pensiero di Calasso, ma anche tutto ciò che il catalogo di Adelphi raccoglie, dalla mitologia greca (Le nozze di Cadmo e Armonia) a quella indiana (Ka), da Kafka (K.) a Baudelaire (La Folie Baudelaire), dal pittore Gambattista Tiepolo (Il rosa Tiepolo) all’Antico Testamento (Il libro di tutti i libri). E poi ci sono gli straordinari libri che raccontano il suo mestiere, come L’impronta dell’editore o Cento lettere a uno sconosciuto, la sua concezione della letteratura (La letteratura e gli dèi) o il rapporto con gli autori che hanno segnato la sua visione del mondo (I quarantanove gradini). Nell’ultimo Bobi, Calasso racconta la nascita di Adelphi e il ruolo decisivo rivestito da Bazlen nel suo percorso di formazione letteraria («Tutto quello che Bobi diceva sui libri era ciò che più mi attirava, mi colpiva e poi rimuginavo, provando a collegare i punti, talvolta lontanissimi») e scrive che dopo aver parlato e discusso con lui arrivava «un altro modo di respirare, evidentemente. E una strana irragionevole euforia che stingeva su tutto». Sono gli stessi sentimenti che scaturiscono dalla lettura dei libri di Calasso, un’euforia che si regge sulle possibilità ermeneutiche che emergono dai suoi libri, ma anche dai percorsi segreti e imprevedibili che nascono dal catalogo della sua casa editrice, un moltiplicatore infinito di corrispondenze che costituisce un’eredità inestimabile.