Chi è Tullio Morello, il giudice candidato al Csm dopo gli insulti a Cartabia e Palamara

“Luca Palamara è un grandissimo pezzo di m….”, quella della Cartabia è una riforma “canaglia”, e chi critica le correnti lo fa per “qualunquismo imperante”. Si è fatto prendere un po’ troppo la mano il giudice Tullio Morello, presidente di sezione al Tribunale di Napoli Nord e candidato alle prossime elezioni per il Consiglio superiore della magistratura. Le frasi, molto poco consone ad un magistrato della Repubblica, sono state pronunciate da Morello, esponente di punta della corrente progressista Area, mentre illustrava il proprio programma durante un dibattito elettorale la scorsa settimana. Immediata la replica di Luca Palamara:È grave che un magistrato, in una discussione pubblica con altri magistrati, dica che sono un pezzo di merda per denigrare le mie posizione contro la correntocrazia”.

“Morello, che a suo tempo aveva appassionato i colleghi del tribunale di Napoli con le sue vicende sentimentali, dovrà rispondere nelle sedi competente delle frasi ingiuriose nei miei confronti”, aggiunge l’ex presidente dell’Anm, che ha cosi colto l’occasione “per rassicurare tutti che la mia battaglia per liberare la magistratura dal gattopardismo strisciante tipico della corrente di Morello proseguirà con sempre maggiore impegno”. E non si è fatta attendere la risposta dei magistrati “qualunquisti”. Il primo ad intervenire è stato il giudice veronese Andrea Mirenda, anch’egli candidato alle prossime elezioni del Csm, in un collegio diverso da quello di Morello. “Mi sembra troppo facile – dichiara Mirenda – dare addosso a Palamara. Dove era Morello quando il nostro Luca nazionale spartiva le nomine e gli incarichi al Csm con i consiglieri di Area? Se non è stato criticato allora, a maggior ragione non deve esserlo oggi, dopo che ha svelato pubblicamente le pratiche, che tutti i magistrati comunque conoscevano, del premiato nominificio di Palazzo dei Marescialli”.

Per Mirenda, che corre come indipendente, “la riforma Cartabia è sì una pessima riforma, ma l’ultima che può dolersene è proprio la correntocrazia: possono invece dolersene i singoli magistrati, la cui indipendenza viene messa in gioco da una sempre più temibile minaccia interna”. Commenti negativi alle esternazioni di Morello anche dalla consigliera di Cassazione Milena Balsamo, esponente di Altra proposta, il comitato di toghe che ha selezionato i propri candidati a queste elezioni con il sistema del sorteggio. “Io non mi sento affatto – puntualizza la magistrata – una qualunquista perché critico le correnti. Se siamo arrivati a questo punto è proprio grazie alle correnti”. “Morello critica la riforma Cartabia? Bene, gli ricordo che esponenti della sua corrente sono fuori ruolo al Ministero della giustizia ed hanno contribuito fattivamente alla stesura del testo. Se non lo condividevano, potevano tranquillamente dimettersi e tornare a svolgere le funzioni giurisdizionali”, prosegue la giudice.

“E poi siamo veramente al paradosso: Palamara è sempre l’unico capro espiatorio, come se avesse fatto tutto da solo. Morello pensasse a dissociarsi dai meccanismi correntizi invece di offendere un ex collega. La Cassazione ha annullato una sentenza che aveva assolto un giornalista che aveva definito un mafioso come Morello ha definito Palamara. Nessun può ledere, tantomeno un magistrato, i diritti personali di chiunque, anche se costui ha commesso condotte illecite”, ha quindi concluso la toga. “Non mi sembra che Morello con queste dichiarazioni abbia contribuito a migliorare il prestigio della intera magistratura”, afferma invece Antonio Leone, ex presidente supplente della Sezione disciplinare del Csm nella scorsa consiliatura. “In nessun paese al mondo – prosegue Leone – è possibile che un giudice definisca una riforma del suo comparto votata dal Parlamento su proposta del ministro della Giustizia, per giunta ex presidente della Corte Costituzionale, ‘riforma canaglia’. Questo purtroppo accade solo da noi da, avendo la magistratura invaso il campo della politica in barba alla separazione dei poteri: con questo di fare, certa magistratura dimostra un atteggiamento pregiudiziale di contrapposizione alla volontà del legislatore”.

“Anche le espressioni usate nei confronti dell’ex collega Palamara – aggiunge – mi sembrano fuori luogo e irrispettose non solo di un ex magistrato, ma anche impronunziabili nei confronti di chiunque”. In attesa di sapere se il procuratore generale della Cassazione vorrà aprire un procedimento nei confronti di Morello, il diretto interessato ha preferito ieri non commentare l’accaduto, proseguendo la campagna elettorale. Sul fronte del Csm, sempre per restare nel solco della tradizione che vede Palamara come unico responsabile di tutte le malefatte, il Plenum ha archiviato ieri la posizione anche del giudice calabrese Massimo Forciniti. Il magistrato, ex componente del Csm, era finito nelle chat di Palamara per questioni di nomine ed incarichi. Interrogato sul punto aveva ammesso che nella scorsa consiliatura la situazione era sfuggita di mano, con una degenerazione delle correnti e con tutti che volevano essere nominati all’unanimità, per far vedere all’esterno che l’incarico era stato meritato.

Una vicenda “simile” all’hotel Champagne senza però i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti, il commento del togato Giuseppe Cascini. A differenza di Palamara che è stato radiato con ignominia dalla magistratura con un turbo processo, a Forciniti però il processo disciplinare non è stato celebrato. La procura generale, infatti, non ha mai esercitato nei suoi confronti l’azione disciplinare. Nella memoria difensiva presentata al Csm, il giudice calabrese si era difeso sostenendo che le chat con Palamara erano “ragionamenti tra due ex consiglieri militanti nello stesso gruppo associativo” e “ispirati a finalità di massima funzionalità degli uffici e nell’interesse della giurisdizione nel suo complesso”. “Fatti di una gravità inaudita”, secondo alcuni consiglieri, e che avrebbero fatto venir meno, per Forciniti, il requisito dell’indipendenza. Durissimo il commento di uno di loro, che ha votato contro l’archiviazione, il laico in quota Lega Stefano Cavanna: “Il Csm ha voluto salvare tutti”.