Un’altra macchia di sangue nella guerra tra Russia e Ucraina: un ragazzo di appena 19 anni, Artem Antonov, è stato ucciso da un suo ufficiale a causa del suo rifiuto di combattere in Ucraina. Dell’omicidio si apprende soltanto in queste ore, ma risale allo scorso 21 ottobre in un campo di addestramento ed è stato denunciato dalla famiglia del giovane e riportato da “Storie importanti”.

Chi era Artem Antonov il soldato russo di 19 anni ucciso perché non voleva combattere in Ucraina

Antonov, originario del Tatarstan, era stato assegnato alle unità di fucilieri motorizzati nella regione di Kursk, vicino al confine ucraino. Durante una sessione di addestramento sulle armi, l’ufficiale, la cui identità rimane ignota (con i parenti che conoscendolo, temono di divulgarla per ritorsioni) avrebbe disattivato la sicura del suo AK-12 e ha sparato una raffica, colpendo mortalmente il ragazzo. Secondo la famiglia, che ha denunciato il fatto, erano stati diversi i campanelli d’allarme prima dell’omicidio.

In precedenza infatti il giovane era stato sottoposto a torture e vessazioni per il suo rifiuto di firmare un contratto per il fronte. In un post sui social, cancellato dopo la sua morte, Antonov aveva confidato di essere stato picchiato con barre di ferro e costretto a turni massacranti. Un necrologio pubblicato online descrive il 19enne come un giovane che “ha sacrificato la sua vita per la patria”, ma la vicenda solleva interrogativi inquietanti sulla brutalità e il clima di coercizione all’interno delle forze armate russe.

Redazione

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