A fine gennaio scorso il suo nome era tra i Quirinabili. Franco Frattini, 65 anni, presidente del Consiglio di Stato, è scomparso per la recidiva di un tumore nella notte di Natale. La sua camera ardente, allestita a Palazzo Spada, ha visto sfilare uno spaccato delle istituzioni, a partire dagli ex presidenti del Consiglio Lamberto Dini, Massimo D’Alema e Giuliano Amato.

Al Consiglio di Stato era approdato dopo una carriera a cavallo delle istituzioni, tra magistratura e politica. Aveva dismesso presto la toga vestita nel 1981: il magistrato garantista ha ceduto il passo al giurista impegnato in ruoli di governo, a partire da quel primo incarico al seguito di Claudio Martelli, di cui Frattini è stato consigliere giuridico durante l’allora governo Andreotti. Socialista fino a quando il Psi di Craxi è rimasto in vita, aveva poi scelto Forza Italia. Con il Cavaliere a Palazzo Chigi, Frattini era stato due volte ministro degli Esteri: dal 2002 al 2004 e dal 2008 al 2011. Nei quattro anni che hanno diviso le esperienze alla Farnesina, è stato vicepresidente della Commissione europea e commissario per la Giustizia. Ruoli di primo piano che non ne hanno raffreddato la gratitudine: come ricorda oggi Stefania Craxi, “Fu spesso ad Hammamet a deporre un fiore sulla tomba di papà”.

Discreto, sobrio, sempre riservato, fu più volte vicino al mondo dei servizi segreti: presidente del Copasir nel 1996, fece integrare le competenze sull’intelligence nel Ministero della Funzione pubblica di cui fu titolare tra il 2001 e il 2002. Uomo di pace e del dialogo, quando Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ne sostennero la candidatura al Colle venne ingenerosamente tacciato da qualcuno di essere “troppo vicino a Mosca”. Il precedente del 2008, quando c’era da discutere l’eventuale ritorsione per l’ingresso dei russi in Ossezia, non è paragonabile all’invasione dell’Ucraina. Per il Quirinale il suo nome girò nello spazio di una notte. Antonio Bettanini, suo storico collaboratore, la ricorda così: “La materia era troppo delicata e Frattini era una persona troppo riservata per commentare o per manifestare un qualche sentimento. Ma so che si considerava un civil servant”. Non si era candidato ma non avrebbe detto di no.

Con la stessa discrezione seguì il breve volgere della parabola quirinalizia di Elisabetta Belloni, figura istituzionale per la quale aveva grande stima. La riconferma di Sergio Mattarella mise fine alla giostra dei nomi, e Frattini poté dare pieno inizio al suo mandato al Consiglio di Stato. L’organo consultivo dalla doppia natura, di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione, dovrà adesso procedere alla nomina del nuovo Presidente. Il successore di Franco Frattini potrebbe essere una figura già formata e pronta a entrare in scena: l’esigenza condivisa tra il Governo e il Quirinale è quella di individuare un nome non politico, un tecnico capace di rimettere subito in corsa l’organismo. Per prendere il posto di Franco Frattini sembra dunque perfetto il profilo di Luigi Maruotti, avvocato, già Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.

Maruotti è cresciuto nell’Avvocatura dello Stato e ha nel tempo presieduto la terza, quarta, quinta e sesta sezione del Consiglio di Stato. Se l’avvicendamento fosse confermato, sarà la prima volta di un avvocato al vertice del Consiglio di Stato: un passo nella direzione dell’allineamento garantista del sistema-Giustizia voluto dal ministro Carlo Nordio. Nel dicembre dello scorso anno Maruotti corse contro Patroni Griffi per conquistare il vertice della Corte costituzionale. Rimase al Consiglio di Stato, e non avrebbe mai immaginato un epilogo in questi termini. I funerali di Stato di Frattini si terranno oggi, alle 11.30, nella basilica dei Santi Apostoli, a Roma.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.