Pochi come lui hanno fatto davvero la storia del ‘900. Gino Strada lascia una traccia indelebile nel cuore di tutti per il suo impegno costante nell’aiutare gli altri. E nel divulgare sempre un messaggio contro ogni guerra. “Io non sono pacifista, sono contro la guerra”. La sua intera vita è stata una missione per aiutare gli altri. È morto a Milano il 13 agosto 2021 a 73 anni. Soffriva di cuore e se ne è andato all’improvviso.

“Il nostro amato Gino è morto questa mattina – scrivono sulla sua pagina Facebook – È stato fondatore, chirurgo, direttore esecutivo, l’anima di EMERGENCY. “I pazienti vengono sempre prima di tutto”, il senso di giustizia, la lucidità, il rigore, la capacità di visione: erano queste le cose che si notavano subito in Gino. E a conoscerlo meglio si vedeva che sapeva sognare, divertirsi, inventare mille cose. Non riusciamo a pensare di stare senza di lui, la sua sola presenza bastava a farci sentire tutti più forti e meno soli, anche se era lontano. Tra i suoi ultimi pensieri, c’è stato l’Afghanistan, ieri. È morto felice. Ti vogliamo bene Gino. Lo staff di EMERGENCY”.

Gino strada è stato un medico e filantropo. Nel 1994 insieme a sua moglie Teresa Sarti fondò Emergency, una ong operativa in 18 paesi del mondo, laddove c’è maggior bisogno di aiuto. Con la sua ong ha assicurato cure mediche e chirurgiche gratuite alle vittime delle guerre e della povertà. Nei mesi scorsi era stato fatto il suo nome come commissario alla Sanità in Calabria.

Strada nacque il 21 aprile 1948 a Sesto San Giovanni, si è laureato alla Statale di Milano in Medicina e poi specializzato nella Chirurgia d’urgenza. Già da ragazzo è stato un attivista del movimento studentesco. Ed è qui che incontra e si innamora di sua moglie Teresa Sarti con cui condivide tutte le sue battaglie per i diritti di tutti.

Nel 1988 decide di applicare la sua esperienza in chirurgia di urgenza all’assistenza dei feriti di guerra. Negli anni successivi, fino al 1994, lavora con la Croce Rossa Internazionale di Ginevra in Pakistan, Etiopia, Tailandia, Afghanistan, Perù, Gibuti, Somalia, Bosnia.

Nel 1994, l’esperienza accumulata negli anni con la Croce Rossa spinge Gino Strada, insieme alla moglie Teresa Sarti e alcuni colleghi e amici, a fondare Emergency, Associazione indipendente e neutrale nata per portare cure medico-chirurgiche di elevata qualità e gratuite alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.

Il primo progetto di Emergency che vede Gino Strada in prima linea, è in Ruanda durante il genocidio. Poi la Cambogia, Paese in cui resta per alcuni anni. Nel 1998 parte per l’Afghanistan: raggiunge via terra il nord del Paese dove, l’anno dopo, Emergency apre il primo progetto nel Paese, un Centro chirurgico per vittime di guerra ad Anabah, nella Valle del Panshir.

Gino Strada rimane in Afghanistan per circa 7 anni, operando migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo e contribuendo all’apertura di altri progetti nel Paese. Dal 2005 inizia a lavorare per l’apertura del Centro Salam di cardiochirurgia, in Sudan, il primo Centro di cardiochirurgia totalmente gratuito in Africa. Nel 2014 si reca in Sierra Leone, dove Emergency è presente dal 2001, per l’emergenza Ebola. Emergency ha curato oltre 11 milioni di persone, secondo il bilancio pubblicato sul suo sito.

Ha sempre criticato apertamente e con toni durissimi i governi italiani, la corruzione nella sanità, la gestione dell’immigrazione, l’attività dell’Unione Europea, il commercio delle armi e gli interessi economici dietro le guerre. Nel 1999 pubblicò il libro Pappagalli verdi (il nome di mine antiuomo di produzione sovietica, ndr): cronache di un chirurgo di guerra, una raccolta di memorie relative ai teatri di guerra dove Strada era stato impegnato con i colleghi di Emergency, sono raccontate drammatiche storie – in particolare di bimbi e adulti mutilati – avvenute in Iraq, Pakistan, Ruanda, Afghanistan, Perù, Kurdistan, Etiopia, Angola, Cambogia, ex-Jugoslavia e Gibuti.

La sua idea era quella di creare dei centri chirurgici per le vittime di guerra all’avanguardia che poi potessero essere lasciati alla popolazione locale e ai medici. Odiava la guerra, odiava l’intervento Nato in Afghanistan che definiva un’invasione, un abuso e un sopruso. Quando i talebani prendono Kabul nel 2001 per un certo periodo è costretto a sospendere le attività. Poi ritorna con un viaggio rocambolesco. Sempre dalla parte dei civili andando oltre gli schieramenti politici.

Ma non c’era solo l’Afghanistan nel suo cuore. Anche l’Iraq, dove nel Kurdistan iracheno ha fondato una clinica di riabilitazione per le vittime di mine a Sulaymaniyya intitolata alla prima moglie Teresa morta nel 2009 dopo una lunga malattia. Un’altra eccellenza dove sono stata salvate migliaia di vite che ha reso Emergency nota a livello internazionale.

La sua ragion di vita era quella di curare i deboli e stare accanto a chi ne aveva bisogno. Scriveva in Pappagalli Verdi: “Tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.