La corrispondente e inviata americana morte nella guerra civile in Siria
Chi era Marie Colvin, la giornalista di guerra protagonista del film “A private war”

Marie Colvin era diventata celebre anche per quella sua benda nera sull’occhio sinistro. È stata una delle reporter di guerra più famose degli ultimi decenni. Aveva operato in diversi scenari di crisi in tutti i continenti. È morta nel febbraio del 2012 nella guerra civile in Siria. Aveva 44 anni. Alla sua storia è stato dedicato il film A private war del 2018, diretto da Matthew Heineman e interpretato da Rosamund Pike.
Colvin era stata corrispondente dal Medio Oriente per il Sunday Times per il quale lavorava dal 1985. Era nata negli Stati uniti il 12 gennaio 1956, a Oyter Bay, ma da anni viveva a Londra. Aveva cominciato a new York con lo United Press International dopo essersi laureata a Yale. Era quindi diventata capo del bureau du Parigi dell’UPI. È stata la prima giornalista a intervistare Muammar Gheddafi, nel 1986, dopo l’inizio dei bombardamenti degli USA in Libia.
È diventata una dei reporter di guerra più noti in tutto il mondo. Ha lavorato nell’ex Jugoslavia, in Cecenia, Kosovo, Sierra Leone, Zimbabwe, Timor Est e nello Sri Lanka. Proprio durante un attacco delle forze governative in Sri Lanka, era il 2001, ha perso un occhio. Dopo l’incidente ha sempre portato una benda nera sull’occhio. Da quel momento ha cominciò a soffrire di disordine da stress post-traumatico.
A Timor Est le fu attribuito il merito di aver salvato la vita di 1500 donne e bambini da una zona presidiata da forze armate sostenute dall’Indonesia. Ha seguito le Primavere Arabe tra Tunisia, Egitto e Libia. “Il mio lavoro è testimoniare. Non sono mai stata interessata a sapere quali modelli di aerei avessero appena bombardato un villaggio o se l’artiglieria che aprì il fuoco su di esso fu 120mm o 155mm”, ha detto.
Colvin è morta con il fotografo francese Remi Ochlik, classe 1983, fondatore dell’agenzia IP3 PRESS. Si trovavano in un ufficio stampa dell’opposizione siriana nel quartiere sunnita di Baba Amr, uno dei più colpiti dalle forze lealiste, a Homs. L’autopsia ha stabilito che l’ordigno che l’ha uccisa era pieno di chiodi. Per il governo era stato piazzato da “terroristi”, una versione smentita da alcuni colleghi sopravvissuti all’esplosione. Per questi l’edificio era stato preso di mira dall’esercito siriano. Poco prima di morire Colvin aveva documentato per Channel 4 la situazione drammatica ad Homs: la città all’epoca era la roccaforte dei ribelli, ostili al Presidente Bashar Al Assad. La giornalista aveva descritto quel conflitto come il peggiore da lei vissuto e raccontato.
La guerra in Siria è esplosa sulla scia delle Primavere Arabe, nel 2010. È diventata una guerra per procura. Sul suo territorio si sono fronteggiati lealisti, russi, forze paramilitari iraniane, fondamentalisti islamici, curdi, forze occidentali prevalentemente con bombardamenti. Il caos e il vuoto di potere hanno permesso allo Stato Islamico di guadagnare un’ampia fetta di territorio, di stabilire la sua capitale ad Assad. Il sedicente Stato Islamico oggi risulta di molto ridimensionato.
Colvin ha vinto numerosi premi durante la sua carriera, tra cui l’Anna Politkovsakya Award. Aveva sposato due volte il giornalista Patrick Bishop e il giornalista Juan Carlo Gumucio. Il film ispirato alla sua vita – tratto soprattutto dall’articolo Marie Colvin’s Private Wat, uscito nel 2012 su Vanity Fair, e scritto da Marie Brenner – ha ricevuto due candidature ai Golden Globe per l’interpretazione di Pilke e per la migliore canzone originale.
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