Marta Russo scriveva sul suo diario di voler “essere felice in questa vita, e non in futuro, ma nel presente, per ogni attimo che vivo. Perché non so quanto potrò vivere e cosa ci sarà dopo”. È morta, uccisa, in uno dei delitti più clamorosi e misteriosi – per la dinamica e il seguito processuale – della recente storia italiana. Il delitto dell’Università della Sapienza a Roma.

Era il 9 maggio 1997, alle ore 11:42, un colpo di arma da fuoco la colpì alla testa. Era una studentessa di giurisprudenza ed ex campionessa regionale di scherma. Aveva 22 anni, compiuti il 13 aprile precedente. Il proiettile era stato esploso da una pistola calibro .22, a punta cava, camiciato e composto da solo piombo. Russo stava passeggiando con l’amica Jolanda Ricci un vialetto nella Città Universitaria, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Giurisprudenza.

Il proiettile entrò nella nuca, dietro l’orecchio sinistro. Si spezzò in undici frammenti che le causarono danni irreversibili. Il colpo non esplose in un grande rumore, come se fosse stato sparato con un silenziatore. La ragazza fu soccorsa anche da uno zio, dipendente dell’Università, e trasportata al Policlinico Umberto I in coma. Il 13 maggio, alle 2:00, fu constatata la morte cerebrale. La famiglia – i genitori Donato Russo e Aureliana Iacoboni e la sorella Tiziana – deciso di donare gli organi: così aveva annunciato lei stessa dopo aver visto un servizio televisivo sul delitto di Nicholas Green. Il 14 maggio furono staccati i macchinari che la tenevano in vita e fu dichiarata morta.

Ai funerali parteciparono circa 10mila persone, con Romano Prodi, Walter Veltroni, Luciano Violante tra gli altri. Il corpo venne seppellito al Cimitero del Verano. Le venne concessa la laurea alla memora dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e a memoria venne posta una targa commemorativa e furono intitolate alcune aule dell’università.

Il caso rimase per anni sulle pagine dei giornali, nei talk show e nei tg. Le indagini e il processo che seguirono furono tra i più controversi nella recente storia italiana. Il documentario Marta – Il delitto della Sapienza, diretto da Simone Manetti, racconterà questa storia e la storia della sua protagonista su Rai2 in prima serata. Un prodotto per “raccontare al mondo la vita di Marta Russo e non più solo la sua morte” come ha raccontato la sorella della vittima Tiziana Russo.

Per la prima volta si partirà dalle parole della ragazza, dai suoi diari ritrovati dopo anni dalla sorella. Un documentario, scritto da Emanuele Cava, Gianluca De Martino e Laura Allievi, con la partecipazione di Silvia D’Amico, che dà la voce a Marta e la supervisione di Fabio Mancini. Due le persone condannate, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, che continuano però a proclamarsi innocenti. Non venne mai ritrovata l’arma del delitto e la tesi del “delitto perfetto” venne accantonata.

“Un racconto emozionale – ha raccontato il regista – per dire veramente chi c’era dietro la foto di Marta. Ci siamo avvicinati a tutto il materiale di repertorio e delle teche Rai, fondamentale per ricostruire anche l’aspetto sociale di quegli anni. Poi c’è il repertorio familiare più intimo, le fotografie e il cardine del progetto che sono i diari segreti di Marta: un mezzo non tanto per raccontare una persona ma cercare di avvicinarsi il più possibile a lei, come se fosse la persona stessa a raccontarsi”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.