Lo chiamavano O Rey. Il re. Re vero, irraggiungibile. Chi è stato lo sportivo più grande di tutti i tempi: lui o Ali? Lui è stato il più grande. Ali aveva una personalità devastante, era superiore da quel punto di vista. Però qualcuno lo ha sconfitto. Pochi. Pelé no. Era infinito. Nessuno poteva batterlo.

Un metro e settanta di altezza, non arrivava a 75 chili di peso, ma era un gigante. Pelé è morto oggi a 82 anni a San Paolo del Brasile, un tumore l’ha portato via e ha fatto calare il sipario su un’era intera di calcio. Edson Arantes do Nascimento ha rappresentato per intere generazioni un sogno, il paragone a cui tutti si sono sempre ispirati, “forte come Pelé”. Era un giocatore esplosivo ed elastico, potenza in ogni gesto, agilità e sublime equilibrio. Una tecnica e una fantasia che non si pensavano nemmeno possibili, applicata con una semplicità disarmante che lasciava gli avversari sbigottiti.

Il dribbling e il tiro sia di piede che di testa, la visione di gioco che gli permetteva ogni volta di mettere in scena due partite: la sua e quella della squadra per cui giocava, il Santos in maglia bianca oppure il meraviglioso Brasile in verdeoro.  Ci ha lasciati dopo un’agonia lunghissima, era malato di tumore al colon. Nelle ultime settimane era stato ricoverato e il 21 dicembre i medici avevano parlato di “condizioni in peggioramento” a causa di “una insufficienza renale e cardiaca”. Insieme a lui in queste ore si sono stretti tutti, la sua famiglia e la grande famiglia del “futebol” che gli sarà sempre in debito. “Sono pronto a giocare novanta minuti e pure i supplementari”, ma anche per il dio del calcio è arrivato il triplice fischio.

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