"Uccideremo tutti, deruberemo tutti. Proprio come piace a noi"
Chi era Tatarsky, il blogger militare russo ucciso in un attentato a San Pietroburgo
Darya Trepova è stata fermata questa mattina: la donna è la principale sospettata dell’attentato che si è consumato ieri in un caffè di San Pietroburgo in cui è rimasto ucciso il giornalista Maksim Fomin, alias Vladlen Tatarsky. L’uomo era un “milblogger”, devoto del cosiddetto “cuoco di Putin” Prigozhin, un miliziano e un giornalista filoputiniano che non esitava a criticare i generali impegnati nella guerra in Ucraina, che sosteneva, con la sua propaganda estrema. Le autorità di Mosca hanno aperto un’indagine per omicidio per l’esplosione che l’ha ucciso. Secondo quanto emerge dalle prime ricostruzioni l’attentato si sarebbe consumato durante un evento in onore dello stesso Tatarsky allo Street Food Bar #1 nel centro di San Pietroburgo.
Seguito da circa 560mila follower sul suo canale Telegram, aveva 40 anni, era nato nel 1982 a Makeevka, in Donbass, oggi territorio della repubblica di Donetsk. Aveva lavorato in miniera e fatto l’imprenditore, prima di finire in galera nel 2011. Era stato in guerra in Donbass dal 2014 al 2015, al fianco dei separatisti di Donetsk, con il nome di guerra di “Professore”. Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina si era trasformato in “voenkor”, una figura a metà tra l’agitatore politico e il corrispondente di guerra. Il suo nome era ispirato da un romanzo di Viktor Pelevin. Era definito un “blogger militare”, o “milblogger”, che “analizzava quotidianamente il corso dell’operazione e dava consigli ai mobilitati” secondo quanto riportato dall’agenzia Tass. Non aveva esitato in passato a scagliarsi contro i vertici militari addossando loro la responsabilità delle debacle russe sul campo. “Fino a quando non scopriremo il nome di questo genio militare che ha posizionato il battaglione tattico vicino al fiume, e lui non risponde pubblicamente di questo, non ci saranno riforme nell’esercito”, aveva detto a proposito di Severodonetsk. “L’offensiva nel Donbass è ostacolata non solo dalla mancanza di informazioni efficaci dai droni ma anche dalla mancanza di generali di livello”. Tatarsky aveva sostenuto perfino il massacro di Bucha, in cui oltre 400 civili ucraini erano stati massacrati e uccisi dall’esercito russo.
Aveva partecipato, lo scorso settembre, alla cerimonia del Cremlino in cui di dichiarava l’annessione di quattro regioni parzialmente occupate nell’Est dell’Ucraina, alla luce di un referendum non riconosciuto dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale. “Sconfiggeremo tutti, uccideremo tutti, deruberemo tutti. Proprio come piace a noi”, aveva detto in un video girato all’interno del Cremlino. “Gli ucraini non hanno dignità umana. Se proprio li vogliamo paragonare a noi, diciamo che sono dei russi mentalmente disabili”, aveva detto invece nel 2014. E ancora: “Dovremmo prendere non solo l’Ucraina, ma l’intera Europa, dopo averla sodomizzata. La forza della Russia siamo tutti noi, con le nostre armi nucleari, con il nostro esercito e il popolo che combatte”.
Il procedimento penale del Comitato Investigativo Russo è stato aperto per “omicidio commesso in modo generalmente pericoloso con l’accusa di reato ai sensi della parte 2 dell’articolo 105 del Codice penale russo”. Gli inquirenti hanno controllato tutti i presenti nel bar al momento dell’esplosione. Secondo le prime ricostruzioni l’attentato sarebbe stato causato da una bomba contenuta all’interno di una statuetta raffigurante un soldato che era stata consegnata a Tatarsky durante l’evento. Alcuni video mostrano il 40enne con la statuetta in mano, altri una giovane donna che si sarebbe presentata come Nastya e che sarebbe entrata nel locale con una scatola e avrebbe detto di essere una scultrice che voleva fare un regalo al “milblogger”.
L’arresto di Trepova è stato condotto in un appartamento precedentemente affittato a San Pietroburgo, nel quartiere Vyborgsky, secondo il media locale Fontanka. Il comitato investigativo ha confermato ufficialmente la detenzione. La donna era già stata arrestata in passato per aver preso parte a manifestazioni contro la guerra in Ucraina. Secondo quanto ricostruito dalle agenzie di stampa russe, nell’esplosione erano state ferite almeno 25 persone, almeno 200 grammi di esplosivo utilizzati. Il locale era appartenuto a Yevgeny Prigozhin, soprannominato “lo chef di Putin”, fondatore del gruppo di mercenari Wagner.
Le autorità russe hanno cominciato da subito a puntare il dito contro l’intelligence ucraina. Lo scorso agosto un’autobomba aveva ucciso in Russia Darya Dugina, figlia del famoso propagandista di estrema destra Alexander Dugin. Kiev aveva negato ogni accusa ma l’intelligence statunitense aveva fatto sapere mesi dopo che l’attacco era stato ordinato dall’Ucraina e aveva criticato duramente l’operazione. Anche questa volta Kiev ha negato ogni accusa, il consigliere del Presidente Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, ha parlato su Twitter di “terrorismo interno” e dei “serpenti” che “si stanno mangiando l’uno con l’altro”. Le ipotesi fanno ipotizzare altre due piste: quella della dissidenza russa e quella di guerre intestine a Mosca scatenate proprio dalle critiche sull’andamento della guerra.
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