"Il Boss dei due Mondi" o "Don Masino"
Chi era Tommaso Buscetta, il “traditore” della Mafia che ha svelato Cosa Nostra a Giovanni Falcone
Tommaso Buscetta è stato definito il “Boss dei due mondi”, era soprannominato Don Masino, l’uomo che svelo Cosa Nostra. Considerato il primo collaboratore di Giustizia, “uomo d’onore”, a svelare ai magistrati il funzionamento e i meccanismi della Mafia. La sua figura ha ispirato molte opere e compare in quasi tutti i film e i libri che raccontano gli anni della Mafia stragista. L’ultimo in ordine di tempo, Il traditore di Marco Bellocchio del 2019, è valso numerosi riconoscimenti all’attore Pierfrancesco Favino, nel ruolo di Buscetta, a Luigi Locascio e al regista, ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento tra gli altri.
Buscetta era nato a Palermo, nel 1928, da una famiglia poverissima, ultimo di 17 figli. Sposò a 16 anni Melchiorra Cavallaro dalla quale ebbe quattro figli. Avrebbe sposato nel 1966 in Messico la soubrette Vera Girotti, con la quale ebbe la figlia Alessandra. E quindi due anni dopo, in Brasile, conobbe Cristina De Almeida Vimarais, che sposò anni dopo, nel 1978, in carcere a Torino, e con la quale ebbe quattro figli. A Enzo Biagi raccontò di aver perso la verginità a 8 anni con una prostituta in cambio di una bottiglia d’olio.
Fin dall’adolescenza iniziò una serie di attività illegali nel mercato nero. Divenne celebre, degno di “rispetto”, quindi soprannominato “Don Masino”. Nel 1945 venne affiliato a Cosa Nostra ed entrò a far parte del mandamento palermitano di Porta Nuova. Si trasferì in Argentina e in Brasile prima di tornare a Palermo. Divenne un killer, coinvolto nel contrabbando di sigarette e nello spaccio di droga. Fu arrestato per contrabbando e associazione a delinquere.
PRIMA GUERRA DI MAFIA – Quando scoppiò la cosiddetta “Prima guerra di Mafia” si schiero con Angelo La Barbera per poi passare al gruppo di Salvatore “Cicchiteddu” Greco. Dopo la strage di Ciaciulli, della quale negò ogni responsabilità, fuggì in Svizzera, Messico, Canada e quindi negli Stati Uniti d’America, dove aprì una pizzeria con un prestito della famiglia Gambino. Nel 1968 venne condannato in contumacia a 10 anni per associazione a delinquere. Nello stesso processo fu assolto per i fatti di Ciaculli.
Riuscì a eludere la legge per anni, viaggiando in Italia e in tutto il mondo sotto falso nome, con documenti contraffatti. Dopo un arresto a Brooklyn fu rilasciato dopo il pagamento di una cauzione da 75mila dollari. Una volta in Brasile fece partire un traffico di eroina e cocaina verso il Nordamerica. Reinvestì il denaro in una compagnia di taxi. Fu arrestato nel 1972: nel suo deposito blindato in Brasile fu trovata eroina per un equivalente di 72 miliardi di lire. Era ritenuto a capo di una rete di trafficanti còrsi, italo-brasiliani e italo-americani. Estradato, fu rinchiuso nel carcere dell’Ucciardone a Palermo, condannato a otto anni per traffico di stupefacenti. Raccontò anni dopo che in carcere a Cuneo fu avvicinato da uomini di Francis Turatello affinché si occupasse di liberare Aldo Moro, sequestrato dalle Brigate Rosse nel 1978.
Trasferito nel carcere piemontese le Nuove, evase nel 1980 e si nascose nella villa dell’esattore Nino Salvo, sotto la protezione dei boss Stegano Bontate e Salvatore Inzerillo, che volevano arruolarlo nella loro lotta a Salvatore Riina, il nuovo boss della famiglia dei corleonesi. Fece ritorno in Brasile e si sottopose a due operazioni: alla faccia e alla voce per non essere più riconoscibile.
SECONDA GUERRA DI MAFIA – Quando la seconda guerra di Mafia finì nel 1984, con la vittoria dei corleonesi, Riina decise di eliminare Buscetta. Due figli di quest’ultimo scomparvero nel nulla e non vennero mai ritrovati, furono uccisi un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti per un totale di 11 parenti. Fu arrestato mentre era nella sua abitazione di San Paolo in Brasile con Leonardo Badalamenti. Rifiutò di collaborare con i giudici Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci. Provò ad avvelenarsi con la stricnina quando fu concessa l’estradizione. Arrivò in Italia accompagnato dagli uomini del vicequestore Gianni De Gennaro e decise di collaborare.
LA COLLABORAZIONE – A Falcone raccontò organigrammi e piani della Mafia: perché non si riconosceva più nella nuova Cosa Nostra, quella dei corleonesi, che a suo dire aveva perso la sua identità. Il traditore insomma non era lui, ma proprio i sanguinari di Totò Riina che per conquistare il potere avevano abbandonato “dei valori, dei principi conosciuti e condivisi da tutti”. Le sue dichiarazioni aprirono il mondo della Mafia fino ad allora ignoto per l’omertà degli affiliati. Mandamenti, famiglie, la Commissione che era l’organo di vertice di Cosa Nostra. I magistrati riuscirono a capire quello che stava succedendo a Palermo. Rifiutò però di parlare dei legami politici di Cosa Nostra.
Fu estradato nel 1984 negli Stati Uniti, con una nuova identità e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro la Mafia americana, testimoniando nel 1986 al Maxiprocesso di Palermo e nel processo Pizza Connection di New York. Dopo gli attentati mortali ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Buscetta cominciò a parlare dei legami politici di Cosa Nostra facendo i nomi dell’onorevole Salvo Lima e di Giulio Andreotti come principali referenti dell’organizzazione. Fu quindi tra i principali testimoni nei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli del 1979. Andreotti fu assolto per quest’ultimo e ritenuto connivente con la mafia per fatti precedenti al 1980, prescritti al momento della sentenza.
LA MORTE – Buscetta fece molto discutere con una sua crociere nel Mediterraneo e in un libro intervista con Saverio Lodato criticò lo Stato per non aver distrutto Cosa Nostra. È morto a 71 anni, a New York, stroncato da un tumore che lo aveva colpito da anni. È sepolto sotto falso nome a North Miami.
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