La curva nord nerazzurra lascia lo stadio
Chi era Vittorio Boiocchi, storico capo ultrà dell’Inter ucciso in strada: i rapporti con la malavita e le liti in curva
E’ stato ucciso in strada un’ora prima dell’inizio di Inter-Sampdoria. La vittima si chiamava Vittorio Boiocchi, 70 anni, storico capo ultrà della curva nord dell’Inter, raggiunto da almeno tre proiettili, poco prima delle 20, in via Fratelli Zanzottera a Milano, nel quartiere Figino in cui risiedeva.
L’uomo è stato vittima di un agguato, ammazzato dai killer con proiettili che l’hanno raggiunto al torace e al collo. Boiocchi è spirato dopo il ricovero all’ospedale San Carlo dove era arrivato in condizioni già disperate. Sull’omicidio indaga la squadra Mobile della questura guidata da Marco Calì. Al vaglio le immagini delle telecamere presenti nella zona per quello che sembrerebbe essere un omicidio legato agli ambienti della malavita.
Si tratta di un volto noto sia alle cronache sportive che giudiziarie. La notizia dell’omicidio si è rapidamente diffusa anche sugli spalti di San Siro dove alle 20.45 è iniziata la gara tra Inter e Samp e al secondo anello verde, i tifosi della Curva nord, hanno vietato i cori e fatto ritirare gli striscioni. Poi nell’intervallo il gruppo Boys ha abbandonano gli spalti.
Boiocchi, che nel 2019 si fece immortalare con il neo acquisto Romelu Lukaku, secondo la ricostruzione della Digos, aveva preso le redini della curva neroazzurra dopo gli scontri di Santo Stefano del 2017 tra ultras dell’Inter e quelli del Napoli dove perse la vita Daniele Dede Belardinelli, capo degli ultrà del Varese da sempre alleati con gli interisti. Scontri che videro anche Boiocchi tra i destinatari dei Daspo.
Con un lungo passato in carcere per rapine e traffico internazionale di droga, Boiocchi era stato arrestato l’ultima volta il 3 marzo 2021 assieme al pluripregiudicato sardo Paolo Cambedda perché trovato con una pistola, un taser, manette e alcune pettorine della Guardia di finanza. L’ipotesi della Squadra Mobile è che i due con altre persone stessero per mettere a segno una rapina.
Classe ’52, il capo ultrà interista aveva riportato in passato dieci condanne definitive per reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (con legami sia in Colombia che in Turchia), associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione, porto e detenzione illegale di armi, nonché rapina, sequestro di persona e furto. In passato ha scontato una condanna a 26 anni e tre mesi dal 1992 al 2018.
Per gli investigatori aveva instaurato in passato legami sia con Cosa Nostra (con la cosca dei Mannino) che con esponenti della mafia del Brenta. Dopo la scarcerazione nel 2018, era stato fermato dalle forze dell’ordine in compagnia sia di persone legate alla ‘ndrangheta che alla malavita barese.
Tornando invece all’ambito “sportivo”, Boiocchi era considerato uno dei leader della curva interista (nonostante il lungo passato in carcere) insieme a Franco Caravita. Tra i due ci sarebbero state diversi frizioni negli ultimi anni. Ma le ricostruzioni della Digos sono sempre state smentite dai diretti interessati. Emblematica la foto nel settembre del 2019 quando, in seguito a un malore, Boiocchi venne sottoposto a un intervento in angioplastica. I due si fecero immortalare in ospedale in una immagine con tanto di dito medio e la seguente didascalia: “La nostra risposta alle vostre falsità… LA NORD È UNA FAMIGLIA”.
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