Volano stracci
Chi ha vinto con il flop dei referendum: l’Anm gongola, rissa tra Caiazza e radicali
Il day after i risultati definitivi sui referendum è tempo di bilanci ma anche di polemiche. C’è chi entra nel merito dei quesiti, chi non ammette la sconfitta, chi esulta, chi chiede di ripensare l’istituto referendario, chi addirittura, dopo anni di battaglie insieme, si tira i piatti. Volano gli stracci infatti tra Partito Radicale e Unione Camere Penali. Il presidente dei penalisti Gian Domenico Caiazza in una intervista di ieri al Corsera ha parlato di “improvvisazione” criticando duramente la decisione del Pr di appaltare esclusivamente alla Lega la scelta e la scrittura dei quesiti e ha stigmatizzato anche lo sciopero della fame di Roberto Calderoli: «Lasciamo stare queste caricature di altre storie politiche che non meritano questo», aveva detto.
Non si è fatta attendere la replica di Maurizio Turco e Irene Testa, segretario e tesoriera del Prntt. Nel ringraziare «i 10 milioni di cittadini che si sono recati alle urne nonostante tutto e tutti» e nell’annunciare che «adesso si aprirà una stagione straordinaria di proposte di legge di iniziativa popolare, una carta dei diritti e delle libertà, programma di governo per la prossima legislatura. Dalla responsabilità civile diretta dei magistrati, al rientro nei tribunali dei magistrati fuori ruolo; dalla riforma della RAI, all’abolizione dell’ordine dei giornalisti» i due dirigenti hanno anche espresso «solidarietà in particolare a Roberto Calderoli per l’attacco ricevuto dal Presidente dell’Unione delle Camere Penali» ma altresì «ai penalisti dell’Ucpi esposti dal loro Presidente a cancellare decenni di rapporti del Partito Radicale, nonché anche personali con i Presidenti Giuseppe Frigo, Ettore Randazzo, Valerio Spigarelli e, infine, Beniamino Migliucci, con il quale abbiamo promosso e raccolto insieme le firme sulla proposta di legge costituzionale per la separazione delle carriere».
Guardando altrove, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ha parlato di «segnale chiarissimo da parte del corpo elettorale sul fatto che alcune scelte, quali la separazione delle funzioni, sono sbagliate». Ora, con la ripresa della discussione della riforma del Csm a Palazzo Madama, «vedremo cosa accadrà in Parlamento: mi aspetto – ha concluso – che vengano ascoltate le indicazioni del corpo elettorale, il legislatore ne prenda atto, non si può far finta di nulla». Giudizio netto anche quello della responsabile giustizia del Pd, la senatrice Anna Rossomando: «Chi ha provato a strumentalizzare la Giustizia, ha perso. Avevamo ragione a dire che le riforme Cartabia rappresentano la strada giusta. Ora è necessario approvare subito la riforma del Csm». Il leader di Iv Matteo Renzi ha scritto ieri nella sua E-News: «Leggo tanta ironia contro chi è andato a votare per il referendum sulla giustizia, pur sapendo che raggiungere il quorum era praticamente impossibile, dopo che i quesiti più sentiti erano stati respinti. Mi sembra ingeneroso. Ci sono sette milioni di italiani che hanno chiesto di dare priorità a una riforma della giustizia vera. Prenderli in giro solo per attaccare uno dei promotori è assurdo».
È tornato a parlare anche Matteo Salvini: «Avanti di questo passo nessun referendum raggiungerà mai il quorum, una riflessione sul quorum va fatta. Il referendum è stata una grande occasione, mi spiace che qualcuno a sinistra esulti, che qualcuno goda della non partecipazione al voto mi sembra miope perché avere una giustizia non miope conviene anche ai sindaci del Pd». Che si debba ripensare il quorum lo sostiene anche Riccardo Magi, presidente di +Europa, «se no i referendum continueranno a fallire, perché vincerà sempre il partito del non voto». Per il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, «tutte le forze politiche hanno l’obbligo di portare avanti una riflessione profonda sui motivi che determinano l’astensionismo di protesta e quello dovuto alla disaffezione così come è necessario fare una profonda analisi sull’utilizzo degli strumenti referendari. Ci sono ragioni culturali e politiche ineludibili che vanno affrontate ora, accanto all’impegno per rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono una piena partecipazione».
Mentre per il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: «Il mancato voto non significa voto contrario. E bisogna avere sempre grande rispetto per la democrazia diretta, che è il contrappeso della democrazia parlamentare. Inevitabilmente ora dobbiamo portare a termine la riforma dell’ordinamento giudiziario, prendendo atto che, comunque, vi è stato uno stimolo chiaro al recupero e alla difesa dei valori costituzionali».
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