Uno scandalo politico-economico non inferiore a Mani Pulite. È il parere unanime espresso dagli ospiti de L’ora del Riformista. «Chi paga i danni dell’inchiesta Consip?», questo il tema dell’ultimo appuntamento settimanale del nostro giornale sulle principali questioni di politica italiana e internazionale. Durante il dibattito – moderato dal giornalista Aldo Torchiaro – erano presenti il direttore de il Riformista Claudio Velardi, l’avvocato Alfredo Sorge, l’ex deputata e oggi firma di punta de il Riformista Tiziana Maiolo, l’ex parlamentare e oggi direttore editoriale de Il Secolo d’Italia Italo Bocchino e il direttore responsabile de l’Unità Piero Sansonetti.

Il caso ha visto coinvolto anche l’editore Alfredo Romeo: la magistratura lo indagò per traffico di influenze, turbativa d’asta, corruzione e corruzione aggravata. Accuse poi cadute in un nulla di fatto grazie alle assoluzioni. Ha aperto i lavori il direttore Velardi. Precisando come da sempre il Riformista stia attento a tutti i casi di malagiustizia, ha lanciato poi uno spunto di riflessione: il caso Consip ha creato danni non soltanto economici ma anche morali che non verranno mai ripagati, neanche dalla sentenza di assoluzione

Maiolo: «Politica colpita con strumenti giudiziari, il caso Consip diventi un simbolo»

Per Maiolo sono tre gli aspetti su cui ragionare. A livello politico viene fuori come la stella politica di Matteo Renzi sia caduta proprio dopo il caso Consip: «È stato un premier intelligente – ha detto – ha dato fastidio alla magistratura ma si è scavato la fossa nel momento in cui ha provato a tagliare le ferie ai magistrati e questi hanno reagito minacciando uno sciopero». Da un punto di vista economico invece sono innegabili i dati subiti dall’imprenditore Romeo, che si trovato colpito da un’alleanza – ed è questa la terza cosa da sottolineare – costituita dalla stampa e dalla magistratura. Maiolo ha parlato quindi di una «collaborazione illegale, che ha permesso alla stampa di pubblicare certi titoli e intercettazioni». Per questo per lei il caso Consip andrebbe trasformato in un simbolo in grado di sottolineare come spesso la politica sia colpita da strumenti giudiziari.

Sansonetti: «Romeo ha cercato la verità mentre altri la calpestavano»

Sansonetti, grazie al suo intervenuto, ha puntato i riflettori sull’aspetto etico e umano della vicenda. «L’operazione è stata condotta insieme da una parte della magistratura e da una parte della stampa, addirittura non si sa chi sia più forte. Mi chiedo perché l’ordine dei giornalisti non sia intervenuto dinanzi a un crollo dell’etica professionale. È chiaro l’inquinamento della magistratura, che è diventato un soggetto economico in un sistema capitalistico che ha problemi ad adeguarsi alla modernizzazione. Con l’ingresso della magistratura la potenza economica italiana è calata». Per Sansonetti, Romeo è riuscito a reagire all’ingiustizia che stava ricevendo ed è riuscito a trasformare la sua storia in una lezione di garantismo: «Ha capito – ha spiegato – che avrebbero potuto raderlo al suolo ma ha combattuto con armi bianche mentre altri calpestavano la legalità».

Bocchino: «Come reagirebbe a un’ingiustizia chi non ha il coraggio o la forza economica?»

Tra gli indagati c’era anche Bocchino. «Romeo – ha precisato – ha reagito con coraggio e con la sua disponibilità economica, io ho risposto con gli strumenti di un giornalista in grado di far sentire la propria voce. Ma un povero cristo cosa avrebbe fatto?». Contrariamente a molti altri casi, gli imputati chiesero di andare subito a processo ma la loro richiesta venne respinta. Bocchino, poi, mentre era parlamentare, venne pedinato e fotografato mentre era in compagnia di un agente dei Servizi segreti nonostante la legge prevedesse che venisse informata la presidenza del Consiglio dei ministri. «I giudici – ha chiosato – hanno certificato la nostra estraneità, ho subìto dei danni reputazionali che ho recuperato, anche se a fatica, ma purtroppo nessuno paga».

Sorge: «Non si possono scoprire gli atti dai giornali, la magistratura faccia autocritica»

La sentenza ha accertato la responsabilità del maggiore dei Carabinieri Gianpaolo Scafarto, al quale venne contestato di aver redatto un’informativa zeppa di errori che sotto il profilo giuridico venivano definiti come falsità ideologica. Da questo caso, ha spiegato l’avvocato Sorge, si deve capire come non si svolge un procedimento. «L’informativa integrale – ha detto – era sconosciuta persino a Romeo, unico indagato a cui erano stati disvelati gli atti in esecuzione dell’ordinanza d’arresto. Temevamo di non avere gli atti o che questi ci venissero disvelati dai giornali. Nel 2017 addirittura venne pubblicato il libro “Di padre in figlio”, composto da atti giudiziari che non avevamo noi della difesa e forse neanche la Procura di Roma». Secondo l’avvocato quindi l’interesse è rivolto soltanto all’arresto perché crea clamore: «Non ho letto – ha concluso – sui giornali un’autocritica dai rappresentanti del mondo giudiziario. Bisogna interrompere il cortocircuito tra processo e fenomeno mediatico».

Giuliano Vacca

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