Il tormentone del Mef
Chi sarà il prossimo ministro dell’Economia, non basta un bravo tecnico a renderci credibili
Le cronache divergono sullo stato di avanzamento delle iniziative, da parte di Fratelli d’Italia e in particolare di Giorgia Meloni, per candidare una personalità tecnica alla testa del Ministero dell’economia, sviluppando un “ tormentone” che dura da giorni. Alcuni danno per ormai consolidata la candidatura alla titolarità del Mef di Fabio Panetta, attualmente membro dell’Esecutivo della Bce, già Direttore generale della Banca d’Italia, il quale avrebbe sciolto positivamente la riserva prima manifestata per l’assunzione della carica in questione. Di ciò, tuttavia, non si ha alcuna conferma. In altre cronache, invece, si scrive di un “ derby” che si starebbe svolgendo tra Panetta e Daniele Franco per le due cariche, di Ministro dell’economia e di Governatore della Banca d’Italia.
Si riferisce, anche in tal caso senza la minima conferma, che anche Franco aspirerebbe alla carica di Governatore, non avendo presenti, da parte di chi lo sostiene, due punti fondamentali: la legge sul conflitto di interesse che impedisce l’assunzione di una carica pubblica entro un anno dalla cessazione dell’incarico ministeriale; dunque, Daniele Franco dovrebbe attendere un anno, magari impegnandosi nel “ privato” o nel “ terzo settore” o nell’accademia, che arrivi a scadenza il mandato del Governatore Ignazio Visco, contando i giorni perché incomberebbe il rischio che il mandato cessi prima che sia trascorso l’anno di incompatibilità successiva (ma, poi, chi assicurerebbe la certezza della successione?); il secondo punto riguarda la circostanza che quando , molti anni fa, si ipotizzò per un autorevole Direttore generale il ricorso all’istituto del “ distacco” per ricoprire la carica di Ministro del Tesoro o ad una applicazione di una leggina approvata per il Governatore Luigi Einaudi nominato, ai tempi, Ministro del Bilancio e Vice Presidente del Consiglio, poi, compiuti rapidamente i necessari approfondimenti, si concluse per la mancanza dei presupposti giuridici e di opportunità di questa specie di “ porta girevole”.
D’altro canto, Panetta è più avanti di Franco per il tempo dell’esercizio delle cariche ricoperte a Palazzo Koch e certamente è più che idoneo a governare l’Istituto. Quanto, poi, all’immaginifico monito che Panetta avrebbe ricevuto secondo il quale, non accettando l’incarico di Ministro, avrebbe messo in forse anche l’assunzione di quello di Governatore – la cui nomina, si ricordi, è decisione in ultima istanza del Capo dello Stato – è una notizia talmente assurda che non merita di essere ulteriormente commentata. Comunque, non sembra proprio che tra i due, Panetta e Franco, esista un “derby”. Non siamo a Coppi e Bartali. In ogni caso, nel dibattito pubblico sembra sopravvenire un elemento di chiarezza, cominciandosi a parlare per gli eventuali “ tecnici” nel prossimo Governo Meloni di “ tecnici di area”. In qualche modo si rimedia alla presunta assoluta neutralità del tecnico, che, invece, proprio non esiste.
Partecipando a un Governo politico, conseguenza di elezioni politiche, anche il tecnico accetta quanto meno gli indirizzi generali della maggioranza e dell’Esecutivo. E anche se fosse quest’ultimo ad accogliere le proposte e le impostazioni del “tecnico” sempre una funzione politica questi avrebbe esercitato in accordo con un Governo di destra-centro nel nostro caso; ma lo stesso varrebbe per uno di sinistra o solo di centro. Si serve il paese? Certo, ma si è in una determinata compagine politica; non si è, cioè, un esterno. Se ciò è condiviso da chi è chiamato al Governo per le sue competenze, capacità e prestigio nulla quaestio. Abbiamo l’esempio dei decenni passati degli “indipendenti di sinistra”, grandi esperti nei diversi campi che operavano in raccordo con il Pci, mantenendo la loro autonomia, ma “a priori” definendosi comunque di sinistra.
Quando, alla caduta del Governo D’Alema, fu chiesta all’allora Governatore Antonio Fazio la disponibilità alla carica di Presidente del Consiglio, Fazio ringraziò per la proposta, ma cortesemente rifiutò dando la precedenza all’impegno per il ruolo della Banca d’Italia nella delicata fase di costruzione del Sistema europeo di Banche centrali e, poi, perché non si vedeva pienamente nella maggioranza di Governo di allora; non voleva altresì che si configurasse Palazzo Koch come un consolidato punto di transito per cariche governative.
Ora vedremo gli sviluppi, ma almeno con la concezione dell’ “area” sono stati compiuti responsabilizzanti passi avanti che non possono non smentire la presunta totale neutralità del “tecnico”. Ma dovrebbe essere chiaro che la funzione di legittimazione a livello europeo e internazionale che ci si attende venga svolta dal “tecnico” riposa, invece e innanzitutto, sui programmi del Governo, sulle sue strategie, su come si affronteranno i principali problemi incombenti. Non sarà certamente sufficiente una pur importante personalità prestigiosa e credibile.
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